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Stasi: lo sguardo al passato di Populous

Dopo le evidenti contaminazioni latine di Azulejos (2017) e l’incontro con i ritmi baleari e sudamericani del queer album W (2020), per Andrea Mangia, meglio noto come Populous, adesso si tratta di un cambio di forma che segna anche un ritorno al passato.

Sin dal primo ascolto di Stasi, in uscita l’11 giugno 2021 per La Tempesta Dischi, è evidente quanto siano diverse le coordinate sulle quali ha lavorato il producer salentino: hip hop strumentale, marchio di fabbrica di J Dilla, atmosfere a metà fra ambient e minimalismo, ma anche downtempo ed IDM.

Un ritorno alle origini, con sonorità molto più vicine ai primi lavori rispetto agli ultimi, ma con una rivisitazione notevole ed al passo con i tempi. Un brano come quello d’apertura, Orizzonti bagnati dell’Adriatico, mostra una netta cesura rispetto ai ritmi festosi ed esuberanti del precedente W, mettendo in luce una natura decisamente più introspettiva e malinconica.

Il singolo Pietre roventi nasce come un brano downtempo, ma strizza l’occhio all’ambient e si lascia trasportare da derive eteree con lontani echi new age, così come fa Luna liquida, che pare esserne il naturale continuo, attraverso un raccoglimento notturno e minimale.

La seconda parte dell’album chiama in causa la vena internazionale di Populous, prima con l’ammaliante incursione esotica di Sentiero luminoso e poi con Meditazione urbana, pezzo ipnotico e travolgente, probabilmente fra i più riusciti dell’album.

Stasi evidenzia il lato più intimo e riflessivo di Populous, capace non solo di far ballare ma anche di dar vita ad un progetto in cui si legano tante delle sue influenze musicali, da Midori Takada ai Boards of Canada.

Ciò che stupisce, dunque, non è l’eclettismo musicale del producer, fatto già ben noto, quanto la sua capacità nel dar credibilità e coerenza ad un lavoro che non inventa nulla di nuovo, ma convince durante l’intero ascolto.




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