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Systeme: l’ambient stratificato di Bersarin Quartett

Bersarin Quartett, progetto dietro al quale si cela Thomas Bucker, debutta nel 2008; in quell’occasione, l’omonimo disco mostrava un ambient stratificato e di classe: elementi di musica da camera, elettronica, vaghi echi IDM e downtempo permeavano suoni tutt’altro che scontati. Nel corso degli anni le pubblicazioni, una ogni tre/quattro anni circa, segno della volontà di prendersi del tempo e di fuggire la dinamica sfrenata della produzione, hanno seguito quella scia, allargando il discorso e creando un immaginario ambient dall’alto tasso emozionale, evitando la freddezza in cui spesso si incappa nel genere.

Una premessa che sta alla base anche del nuovo Systeme, in uscita il 15 dicembre 2023 per Denovali. Ciò che colpisce nel disco sin dal primo ascolto è proprio la spiccata dote di Bersarin Quartett di andare oltre le dinamiche canoniche dell’ambient in favore di un discorso ben più ampio: è il caso di Exo, ad esempio, in cui la sezione ritmica evoca reminiscenze jazz, mentre già la successiva Licht capovolge la situazione attraverso atmosfere eteree e sognanti.

Nei quattordici brani il musicista tedesco mette in scena tante piccole spore, ognuna delle quali racconta una storia diversa, a tal punto che la press release parla di una fusione fra “Talk Talk, Tim Hecker e Skrillex.” Descrizione effettivamente ambiziosa e probabilmente esagerata, ma l’eclettismo percepito da brano a brano è notevole: ancora una volta il passaggio dalla cinematografica Fur und Wider all’epicità a tratti marziale di Autopoesie avviene con grande naturalezza, seppur il rischio di perdersi sia costantemente dietro l’angolo. La dimensione ritmica, questa volta declinata in chiave IDM, permea l’ottima Firmamente, mentre nel finale c’è spazio anche per il caos elettronico di Neuronen.

Complesso e ambizioso come buona parte della discografia di Bersarin Quartett, Systeme getta costantemente il cuore oltre l’ostacolo, mostrando un’ambient diversa da quella a cui siamo abituati ad ascoltare. Non sono solo rose e fiori purtroppo, perché in diversi passaggi si avverte una voglia di strafare, unita ad una durata non breve (50 minuti), che penalizza l’ascolto complessivo. Ciò che resta comunque è un lavoro positivo, ricco di spunti che, se tagliati, avrebbero dato vita al miglior album di Bersarin Quartett dai tempi del debutto.



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