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I Metz a cavallo fra indie rock e hardcore: il riassunto di Up on Gravity Hill

Approcciare Up on Gravity Hill, l’ultima fatica dei Metz in uscita il 12 aprile 2024 per Sub Pop, significa partire necessariamente dalle parole del leader Alex Edkins (voce e chitarra): “Non siamo mai stati abbastanza duri per piacere ai puristi del metal e dell’hardcore e d’altra parte suoniamo troppo pesanti per l’indie rock.”

E basta effettivamente ascoltare i quattro album precedenti del trio per rendersi conto che la loro proposta a metà fra noise rock e post-hardcore non si è mai piazzata di netto in una casella o l’altra. Non sorprenderà, alla luce di quanto appena scritto, notare sin da un primo ascolto che il nuovo album dei canadesi scarica leggermente la pressione e la potenza in favore di un approccio più ragionato, teso verso la forma-canzone, insomma più indie rock, per ritornare alle parole di Edkins.

A scanso di equivoci, Up on Gravity Hill non è il disco pop dei Metz, né un’ossessiva ricerca della hit, anzi il sound del gruppo continua ad essere riconoscibile. Appare, semplicemente, come quello di chi, arrivato al quinto album, mescola leggermente le carte in tavola. A tal proposito basta la sola opening track, No Reservation / Love Comes Crashing, per fugare dubbi: riff di chitarra taglienti, sezione ritmica incendiaria, ma tutto sembra assumere un controllo più preciso e pensato, richiamando echi midwest emo.

Più testa che cuore, insomma, ma evitando il rischio di un disco asettico e privo di spinta, che sarebbe una condanna; ma anche più melodia, come testimonia prima il sound nineties di Glass Eye e poi Light Your Way Home, una ballad che, posta in chiusura, testimonia ulteriormente le nuove rotte sonore intraprese dal trio. In mezzo, qualche highlights degno di nota: 99 riesce a mettere insieme un ritornello da hit con chitarre stridenti e dissonanti, così come Wound Tight piacerà ai fan di vecchia data del gruppo, piazzandosi a metà fra post-punk abrasivo e incursioni noise.

Preferivamo i Metz più sporchi del debutto, ma sono passati dodici anni e sarebbe assurdo pensare di continuare a riproporre le stesse cose, anche perché altrimenti saremmo stati qui a scrivere dell’assenza di evoluzione del trio canadese. Quindi, meglio così: Up on Gravity Hill è un disco solido e, per quanto non imperdibile, aggiunge un altro tassello positivo ad una discografia senza passi falsi.



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