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Latlong: l’ultima coordinata emotiva dei Campos

Non c’è due senza tre

Non c’è due senza tre e per i Campos, infatti, è la volta del loro terzo disco. Dopo due anni da Uomini, vento e piante arriva Latlong, in uscita il 27 novembre 2020 per la Woodworm e distribuito da Universal Music Italy, il nuovo lavoro in studio dei Campos segna un notevole smacco dal passato.

È palese, in effetti, un certo livello di crescita per il gruppo pisano in attività da quasi dieci anni che, per essere chiari, non abbandonano certe buone abitudini, né tradiscono la loro essenza, assecondano largamente un processo di maturazione inevitabile.

Acustico ed elettronico si fondono in questa nuova storia musicale lungo undici brani ancora una volta scritti in italiano, scelta sottolineata ed apprezzatissima, che ricreano colori e suoni particolari. Come particolare è il titolo che non appartiene a nessuna traccia del disco, bensì diventa simbolico per raccontare di esploratori del passato, ricco di sensazioni che si spargono senza codici precisi, senza latitudine o longitudine, fateci caso!

Sonno: prima traccia, che affonda radici emotive nella condizione di chi si addormenta pur di non affrontare il dolore, la sfida e preferisce fuggire e dimenticare ogni sensazione; Figlio del Fiume, subito dopo, parla di due entità, due mondi diversi, uno di chi si lancia verso l’amore, l’altro di chi non riesce a farlo. Meravigliosamente i due esseri cambieranno stato e potranno trasformarsi in qualsiasi cosa: una bella via d’uscita direte, ma non qui, altrove dove tutto è cullato da una chitarra profonda e da una storia bellissima.

Santa Cecilia, brano superiore per l’intro blues (direttamente tratta da una cavalcata di Django e il dottor Schultz tra pistole e orizzonti di ghiaccio) e per la capacità di portarci da tutt’altra parte. E questa sensazione e ogni dettaglio sparso che possiamo percepire dalla realtà, credo sia il motivo per cui per i giovani pisani sarà opportuno percorrere la strada di Santa Cecilia nella loro città e farla divenire, poi, una canzone.

Ruggine ha, probabilmente, la base elettronica più efficace di tutto il disco ed è qui che si trova il perfetto esempio della fusione creata in Latlong; mentre l’acqua si alza, i Campos finiscono dritti nell’Arno, intermezzo musicale che ci proietta in una parte diversa del disco. Blu, Addio, Mano e ancora altri raccontano il dopo, oltre le paure della vita, siamo alla deriva verso la morte e il temuto oblio.

Latlong è un lavoro complesso e i Campos devono ricevere il merito di aver saputo parlare della vita, aver avuto immaginazione e nessuna paura di sperimentare.




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