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La sera del vino e delle rose: i Dream Syndicate al Locomotiv.

Alcune ricorrenze sono semplicemente imperdibili e la possibilità di riascoltare dal vivo per intero un disco come The Days of Wine and Roses (1982), in occasione del suo quarantennale, è sicuramente una di queste.

Intendiamoci: i Dream Syndicate non sono uno di quei gruppi che aspetta eventi di questo tipo per tirare avanti, anzi. Dal loro ritorno in scena, con How Did I Find Myself Here? (2017), hanno pubblicato ben quattro album e tutti decisamente apprezzabili.

Ma non festeggiare adeguatamente il compleanno di un disco di tale portata sarebbe stato ingiusto; d’altronde, si tratta del manifesto del paisley undeground, genere musicale sorto a inizio anni ’80 nella scena di Los Angeles: un rock alternativo caratterizzato dalle chitarre jangle del power pop, dall’energia new wave e da distorsioni psichedeliche.

I maestri del paisley, da sempre venerati nel nostro paese, si sono esibiti sabato 15 ottobre 2022 al Locomotiv Club di Bologna, luogo che dal 2007 va a braccetto con musica alternativa e programmazioni di un certo livello. Alle 21:45 in punto il gruppo capitanato da Steve Wynn sale sul palco e ha inizio il primo set del concerto, un best of incentrato quasi interamente sulla produzione recente, che ben si allaccia al discorso fatto precedentemente: anche i pezzi recenti dei Dream Syndicate funzionano e dal vivo la prova è evidente.

Apre le danze Bullet Holes, da These Times (2019), poi c’è spazio per Damian, uno dei migliori brani dell’ultimo Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions (2022). Il pubblico applaude e va in delirio durante le prime note di Burn, pezzo cardine di Medicine Show (1984), considerato l’altro grande capolavoro del gruppo. Ma il momento migliore della prima parte di concerto è sicuramente How Did I Find Myself Here, una cavalcata psichedelica di oltre dieci minuti dai ritmi serrati e costellata da acidi assoli di chitarra, tanto che a fine brano fra il pubblico qualcuno si lascia andare ad un urlo liberatorio: “Dio esiste!”.

Wynn annuncia una pausa di quindici minuti, interrotta dalla voce registrata di Andy Williams: Days of Wine and Roses, tratta dall’omonimo film del 1962, annuncia il ritorno sul palco del gruppo e l’inizio del secondo set, interamente dedicato al debutto dei losangelini.

L’album è suonato in ordine, così Tell Me When It’s Over fa subito impazzire chiunque e non potrebbe essere diversamente, trattandosi di un perfetto brano pop accompagnato da una chitarra dagli echi Byrds. Il pubblico canta in coro seguendo Wynn e il toccante testo: “And I really don’t know / ‘Cause I don’t wanna know / Yeah, tell me when it’s over / Tell me when it’s over / Oh let me know when it’s done”.

Le distorsioni esplodono in That’s What You Always Say, cui segue, come da scaletta, l’energia garage di Then She Remembers e la litania oscura di Halloween. Poi, Wynn ricorda che è il momento di girare il vinile e via con il lato B; echi loureediani persistono nella drammatica When You Smile, ma è Until Lately a prendersi la scena, da perfetta realizzazione del paisley underground qual è: un ritornello pop, delle chitarre psichedeliche e la forma ritmica dell’alternative rock.

Linda Pitmon sale sul palco per cantare la struggente ballata Too Little, Too Late, poi chiude la title-track, per la quale non c’è bisogno di parole, parla la storia: è la Sister Ray degli anni ’80.

Una breve uscita di scena, poi il bis, affidato a Still Holding On to You e ad un classico come Boston, unico pezzo in scaletta tratto da Out of the Grey (1986).

Alle 23:50 si chiude il sipario del Locomotiv e termina la seconda delle tre date italiane dei Dream Syndicate. Al gruppo, oltre gli innegabili e già sviscerati pregi musicali, va anche dato il merito di aver unito tre generazioni differenti, come dimostra l’età dei presenti in sala, mediamente alta ma anche decisamente eterogenea. Avrà dovuto ricredersi chi si aspettava la solita stanca celebrazione di un disco storico, perché anche il solo primo set valeva il prezzo del biglietto.

Lunga vita ai Dream Syndicate, con la speranza che fra due anni, per i quaranta di Medicine Show, sia possibile assistere ad un’altra serata come questa.


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