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Goodbye Ground: una fetta di vita di Sakina Abdou

Nel mondo del cinema i film “slice of life” sono quelli che, nomen omen, raccontano una fetta di vita sulla quale si basa l’intera storia portante, spesso un’ordinaria narrazione di eventi quotidiani che capitano ad una persona qualunque.

Nella musica non esiste qualcosa di equivalente. Certo, il periodo pandemico e l’isolamento da lockdown hanno inevitabilmente messo in primo piano la quotidianità del musicista, ma spesso dai dischi ciò è percepibile solo in parte. E siccome le eccezioni non mancano in nessun ambito, se esistesse una categoria di dischi slice of life, ci rientrerebbe di sicuro anche Goodbye Ground, in uscita il 16 dicembre 2022 per Relative Pitch Records.

La nuova fatica della sassofonista Sakina Abdou è a tutti gli effetti un racconto di una parte della sua vita, registrato in pochi mesi nell’ambiente più quotidiano possibile: casa. Sette brani di solo sassofono dal sapore artigianale, come se la musicista francese avesse esplorato di pari passo sia sé stessa che il suo strumento prediletto.

Così, il flusso del disco appare a tutti gli effetti la storia di un personaggio in evoluzione. L’apertura The Day I Become a Floor mantiene una costanza sonora interrotta solo in diversi istanti, come se stesse presentando tutto ciò che segue scoprendo solo in parte le carte del gioco. E infatti nella lunga title-track il sax annichilisce completamente il semi-minimalismo ascoltato nella traccia precedente, imperversando con toni gravi e percependo addirittura il respiro stesso della Abdou.

Una traccia talmente lunga ed ostica da rendere in brandelli anche ciò che segue: è il caso delle cinque parti che compongono una “possibile” lunga suite, Planting Chairs, concepibile sia come organismo unico che spezzettata in più movimenti. Una sensazione a metà fra la dispersione e la compattezza perfettamente percepibile tanto nelle trame giocose della parte 3 quanto nelle dissonanze del quarto capitolo.

Goodbye Ground colpisce per il legame tra musica e vita, messo saggiamente in primo piano. Un lavoro che, valutato solo dal punto di vista musicale, risulta particolarmente ostico e a tratti faticoso, ma completamente innalzato dalle emozioni di Sakina Abdou, evidenti e mai invadenti: non un pregio da poco considerata la proverbiale freddezza della musica d’avanguardia.



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