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Three Rivers: la musica solistra di Ryan Dugré è un concentrato di malinconia e di stati d’animo messi in musica come olio su tela

Three Rivers è l’ultimo lavoro di Ryan Dugré, compositore e musicista residente a New York. Dugré lavora come sideman con persone del calibro di Cass McCombs ed Eleanor Friedberger, ma la sua musica solista è composta da strumentali cinematografici guidati dalla chitarra. I dodici brani che compongono il disco sono stati scritti nel gennaio 2019 e sono nati come un esercizio musicale: l’obiettivo era quello di scrivere un brano al giorno cercando di costruire una routine di scrittura e creatività partendo da un’improvvisazione, un’ispirazione o un pezzo completamente orchestrato.

Il disco include arrangiamenti per archi di Ian Mcllelan Davis (Parenti) e contributi di Brett Lanier (The Barr Brothers), Sean Mullins (Wilder Maker), Adam Dotson (Slavic Soul Party) e Will Graefe (Okkervil River, Star Rover), che ha co-scritto Shining. L’album è stato mixato da Leo Abrahams (Brian Eno, Sam Amidon).

Three Rivers è un disco che si compone di sfumature ombrose che esprimono, attraverso una melodia tendenze all’introspezione, una calma accattivante. Il minimalismo melodico fa da padrone, infatti, la chitarra è in prima linea in ogni brano, supportata da pianoforte, synth, archi e percussioni sparse che non si sovrappongono mai ma che s’intrecciano con garbata maestria. Lo studio armonio e compositivo è impressionante e mira a creare atmosfere meditative e rilassanti. Ogni brano sembra un dipinto, tratteggiato con pennellate di grande spessore e abilità, che necessita, in questo caso, di essere ascoltato con grande pazienza e concentrazione.

I brani, intimi, nostalgici, possiedono una semplicità e una chiarezza invidiabile. Sembra quasi che Dugré abbia voluto, attraverso la sua musica, descrivere un paesaggio unico soffermandosi, ad ogni brano, su un dettaglio particolare che meritava di essere catturato.

La volontà di creare un discorso sonoro lungo, come un album di ben dodici brani, nato da piccoli spezzoni d’improvvisazione, ha dato vita ad un prodotto sincero, limpido, che rispecchia fedelmente l’idea originale di ogni traccia e che si presenta senza troppi fronzoli o costruzioni arzigogolate. In Three Rivers c’è la vera anima dell’artista, il vero istinto che si fa musica e cerca di bussare alle orecchie e al cuore dell’ascoltatore.

D’altro canto, un approccio simile ha i suoi limiti. Three Rivers, a lungo andare pecca di ripetitività e dopo poco più di qualche ascolto, quando i dettagli sono diventati riconoscibili e parte integrante di tutto l’ascolto, smettendo di sorprendere, diventando dunque normalità assoluta. Il genere strumentale, in questo caso specifico, risente enormemente di una linea melodica principale e accattivante. E sono proprio questi limiti a non far eccellere il lavoro di Dugré nonostante i propri meriti, relegandolo, purtroppo, per sempre, in un limbo musicale fatto per pochi eletti, appassionati del genere, destinato dunque ad essere ascoltato soltanto in sottofondo.




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