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Il sapore dadaista dei Pupkulies & Rebecca

Tornano con il loro sesto album dal titolo Bente gli artisti Rebecca Blaul, Janosch Blaul e Sepp Singwald, ovvero il trio tedesco Pupkulies & Rebecca; uscito l’8 maggio per l’etichetta Normoton, il disco suggerisce un’atmosfera dal sapore un po’ dadaista, di brani elettronici analogici con suoni caldi e potenti, nove canzoni nate tra dune e lagune, tramite sintetizzatori analogici della vecchia scuola, una varietà di strumenti ed una doverosa e necessaria organizzazione familiare per la band che punta al piccolo bungalow in stile anni ’60 sulla silenziosa costa danese per ricominciare a scrivere.

È già trascorso diverso tempo da quel grande ed intenso 2013, caratterizzato dal notevole impegno per la produzione dell’album Tibau sulle Isole di Capo Verde e dagli oltre 120 concerti in tutta Europa, per arrivare a supporre che il trio abbia chissà esaurito l’energia comunicativa necessaria e non solo, il tour è stato estenuante, quando anche le nuove idee per le canzoni sembrano decollare a fatica ed altri interessi che si sono nel frattempo fatti spazio autonomamente all’interno della band: Rebecca ha iniziato a sviluppare le sue abilità pianistiche, mentre Janosch ha perseguito il suo amore per la lavorazione del legno e Sepp ha girato il mondo con Nils Frahm.

Ciò nonostante la loro fan community è in questi anni cresciuta piuttosto che diminuita, e gli inviti persistenti di diversi promotori sono riusciti a riportarli più volte sul palco, una sporadicità che certamente ha generato una perdita di routine ma ha anche creato una nuova eccitazione ed energia per ritrovarsi a suonare insieme.

Sulla bellissima rincorsa di One si apre l’album, la voce vellutata di Rebecca si destreggia bene nei francesismi vocali retro in Au Bord De La Mer, ammiccante nella morbida tensione di Florist.

Cenni di sguardo al passato d’oltreoceano con il tipico beat anni ’60 e romanzate e nostalgiche melodie intercalano spigoli e arrotondamenti timbrici con vocalità sognante e scorrevole. The Beginning chiude e obbedendo al titolo apre, sull’arpeggiato celestiale che porta inconfondibilmente al simbolico anelito.




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