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Moses Sumney, la voce che non divide

Isolation

Welcome to the græ, così la voce della scrittrice Taiye Selasi da inizio al doppio disco di Moses Sumney. E allora eccoci qua, benvenuti a tutti in questa dimensione totalmente dipinta dal cantante americano, così ricca da perdersi completamente. Entrarci è semplice, uscirne molto complicato. Un ascolto ossessionato è quello che mi ha tenuta legata a Moses e alla sua peculiare visione dell’insieme.

L’album Græ è uscito in due parti, la prima a fine febbraio 2020, la seconda dopo circa tre mesi, il 15 maggio per la Jagjaguwar . La durata complessiva del doppio disco di Moses Sumney è di oltre un’ora, in cui convergono moltissimi stili e generi diversi. Vero che parlare di genere in maniera categorica non è più possibile, quindi è palese la perfetta contemporaneità dell’artista. Il fascino, tuttavia, non sta solo in questa sua caratteristica, ma in una serie infinita di attrazioni visive, sonore, dallo sguardo all’idea demolitrice del lavoro.

Il concetto e la visione di base di Græ e del mondo che rappresenta è racchiuso nella secolare logica degli opposti per cui le sfumature non sono ammesse e tutto è bianco o nero, una cosa o l’altra. Il punto di vista di Moses non esclude una delle alternative, ma crea il terreno per coltivare un nuovo spazio, quel grigio che non ha vita perché intermezzo tra i due estremi noti, ma vive come esistenza a sé. È qui che Sumney fa vivere la sua musica, il suo estro, qui disegna il suo personaggio.

Vissuto tra Ghana e North Carolina, Moses affronta temi identitari e politicamente attuali come la mascolinità e la razza. Ed è interessante vedere come si snodano liberamente in entrambe le parti di G, senza alcun tipo di prevedibilità.

Subito dopo l’introduzione già citata di insula, Cut Me, uscito come singolo il 7 febbraio scorso, pone al centro la resistenza e la sensazione di chi lotta, quando canta ‘endurance is the source of my proud’, insomma se siamo appena entrati nel mondo Græ, è già impossibile pentirsi. Virile, brano che ha anticipato l’intero album, è sicuramente uno dei pezzi più intensi. Ambientato il un macello, il videoclip rende perfettamente quella tensione creata dal testo, dalla voce e dall’intenzione di un brano che, indagando sull’estetica visione del maschio, osserva l’uomo alla fine dell’umanità, intrappolato tra le bellezza e la brutalità. Neither/Nor, verso la fine della prima parte, rifugge ancora quella contrapposizione netta tra due. Nessuna alternanza, coesistenza e fusione, tutto registrato in fugaci abbinamenti anche di sonorità non rivali, ma concepite insieme come qualcosa di nuovo. Una dolcissima Polly chiude la prima sezione di græ, in cui la voce di Moses è talmente vicina da farci commuovere (proprio come lui nel video!).

La seconda parte del disco è perfettamente accordata alla prima e, inoltre, viene approfondito lo studio sulla voce, che trova, paradossalmente, ancora più spazio. Two Dogs è già il primo e chiaro esempio dell’ampia modalità di editing della voce. Pare, infatti, che il tono baritonale e profondo di Moses sia modificato proprio dalle tecniche ormai consolidate, non solo nel mondo pop ( ascoltare Bystanders per credere). Non poche riflessioni sparse tra Me In 20 Years e Keeps Me Alive, si ritrova l’isolamento di partenza. Neanche cinquanta secondi and so I come to isolation.

Il punto di partenza è il punto di arrivo, ma perdersi in Græ è un’esperienza multisensoriale. Moses Sumney conferma la sua fama di artista sperimentale ed energico, capace di creare ponti tra generi, tra i corpi e i sentimenti, in modo naturale e accattivante.

Græ non sarà bianco o nero e neppure grigio, e per questo è semplicemente unico.




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