Le astrazioni di J.G. Biberkopf
Nel capolavoro Berlin Alexanderplatz (1929) di Alfred Döblin, la parabola del protagonista Franz Biberkopf, un ex criminale che una volta uscito di carcere non riesce né a trovare il suo posto in un mondo ormai diverso né a realizzare i suoi propositi di una nuova e serena vita, racchiude al suo interno molto più che una semplice storia di vita individuale. Il romanzo è in realtà uno spaccato su una società in continuo cambiamento ed evoluzione, in cui il prezzo da pagare per non stare al passo con i tempi è altissimo, come testimonia la costante astrazione di Biberkopf, incapace di prendere in mano la sua vita come vorrebbe.
Da un Biberkopf all’altro, la musica di J.G. Biberkopf, nome d’arte del lituano di stanza a Berlino Gediminas Zygus, riesce a restituire un senso di astrazione non dissimile da quello appena descritto. In una proposta a cavallo fra epic collage, deconstructed club, incursioni industrial ed echi ambient, il Nostro fa razzia dell’intero mondo elettronico per dar vita di volta in volta a suoni ibridi.
E forse nessun disco più del nuovo The Seed, The Sinkhole, the Flower and the Flare, in uscita il 10 maggio 2024 per Subtext Recordings, riesce a racchiudere tutto ciò. Innanzitutto, ideologicamente rappresenta un album sofferto e travagliato, la cui lavorazione ha richiesto anni, se consideriamo che la precedente uscita a nome J.G.Biberkopf risale addirittura al 2016, con Ecologies II: Ecosystems of Excess. Ma se il racconto è quello di un mondo asettico, sull’orlo del collasso e privo di stimoli, musicalmente è la formula a convincere: meno esagerato e complesso dei precedenti, una fusione fra post-industrial, droni ed intimità ambient riesce a dare una costruzione più riconoscibile alle nove tracce del disco, senza perdere, ovviamente, un’inevitabile carica sperimentale.
Così, via via, si incontrano frammenti di vita in un mondo apocalittico. Due pezzi in collaborazione con Holly Childs, Do You Love It? e Future Tripping, ben descrivono questa condizione: su basi oscure a cavallo fra dark ambient e rumori industriali, l’artista declama versi che assomigliano a racconti provenienti da un futuro distopico, ma che in realtà descrivono il presente.
Hidden and Exposed raggiunge alti picchi d’intensità claustrofobica, mentre addirittura in Self Vortex sembra di avvertire il suono delle sirene nel bel mezzo di una guerra nucleare. Se in Miracle Damage si intravede qualche speranza, complice la sua ariosa coda, già nella successiva Burning Leaves si accerta invece una totale rassegnazione.
Stratificato e inizialmente inaccessibile, il mondo di The Seed, The Sinkhole, the Flower and the Flare va sviscerato lentamente per poterci entrare. Superate le resistenze iniziali, le opprimenti traiettorie disegnate da J.G. Biberkopf restituiscono un universo ostico, non per tutti, ma altrettanto affascinante.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.
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