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Smog: tra narrazioni ovattate e psichedelie it-pop

Niente di strano ma, quando si attraversa in treno la penisola, tra finestrini oscurati ed un brulicare indistinto degli altri passeggeri, ascoltare un pezzo intitolato Non mi piace viaggiare, probabilmente lo è.

È così che Giorgio Poi affida l’incipit del suo nuovo album Smog in uscita l’8 marzo 2019 per Bomba Dischi. Questo disco segue il debut all’italiana affidato al rivelatorio quanto accattivante Fa niente (2017).

Dopo due anni tanta acqua è passata sotto i ponti, dai concerti stracolmi, alle aperture dei Phoenix negli States, le collaborazioni con Luca Carboni nell’ultimo album Sputnik, Carl Brave in Camel Blu fino a Frah Quintale che insieme con la hit Missili hanno scavalcato i tormentoni pop piazzandosi ai primi posti delle charts.

Subito saltano all’occhio, o meglio, all’orecchio, i testi ben forniti, quasi fluviali. Il disco è infatti condito di una lirica che non si nasconde sotto al tappetto della melodia, tutt’altro: testo e musica sono uniti a fiocco stretto, il risultato è un’eterogeneità armonica creata ad hoc con la solita e spiazzante disinvoltura di Poi.

Da un lato vengono immersi nello shaker gocce di internazionalismo alla Mac De Marco, con una psichedelia newyorkese che ammicca ai suoi riferimenti più astrali, come gli Animal Collective, dall’altro lato però la volontà è quella di creare una composizione all’italiana, oserei, più alla Lucio Battisti, tra trasgressioni musicali fuori dal circuito mainstream e, al contempo, la narrazione di cose normali. Uno strappo dal consueto riprendendo il passato rivelatore.

Mollare tutto e ricominciare – quanto fegato ci vuole

Fra i pezzi degni di nota all’interno dell’album vi è, senza dubbio, oltre al già rilasciato singolo Vinavil, Maionese, che con un sound ritmico seduce per tutto l’ascolto nonostante l’utilizzo di frasi piuttosto sconnesse “Correvi appresso ad una vespa, ahi! Quella puttana mi ha punto!”

Corsi e ricorsi storici, come in Evergreen (Calcutta – 2018) anche qui si inserisce un allucinogeno intermezzo totalmente in strumentale commissionato all’omonimo pezzo Smog.

Oltre alla texture Poistica c’è tanto della modulazione psichedelica (in primis nell’impostazione in echi della voce) che strizza l’occhio ai colleghi sulla scena itpop, in primis Francesco De Leo che lo stesso produsse nello scorso anno con La Malanoche (2018), fino ovviamente al già citato Calcutta che partecipa al disco con il singolo La Musica Italiana.

Quest’ultimo pezzo parrebbe essere un’autocritica nei confronti dello stesso cantautore che, lontano dal Belpaese, riteneva i cantanti italiani, in maniera piuttosto sprezzante, una tristezza. Nonostante un intento personale, il pezzo appare una canzonetta da poco pregio, a tratti autocelebrativa, e al suo ascolto la domanda sorta in automatico è stata: “Ma ne avevamo sul serio bisogno?”

Chissà se ascoltandola in un’altra stanza mi sembrerà meglio. Per ora è un secco no.

Tirando le somme, come in un abaco primordiale, il disco è sicuramente quel che ci saremmo aspettati da Giorgio Poi. Tuttavia i dubbi serpeggiano nella mia mente, e, evitando ogni liquidazione tranchant che sembrerebbe oltremodo prematura, confido in una produzione successiva più matura, magari meno da secchiata attinta dal calderone di luoghi comuni itpop.




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