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Alone vol. IV: un’indagine sulla follia e l’isolamento

Nemmeno la pandemia e il lockdown hanno interrotto l’album perpetuo di Gianni Maroccolo. Il progetto Alone, infatti, continua nonostante ogni tipo di impedimento, più vivo che mai. Giunto al quarto capitolo, in uscita il 17 giugno 2020 per Contempo Records, sembra che non ci sia nessuna eventualità in grado di intralciare la volontà di Maroccolo di regalare un viaggio costante e persistente nei meandri nella sua musica.

Un percorso che, paradossalmente, ne esce anche arricchito, tappa dopo tappa, com’è evidente dall’elevato numero di ospiti presenti in Alone vol. IV. L’album segna il primo ciclo del progetto iniziato a fine 2018 e anche questa volta c’è un sottotitolo, la mente, e un concept di base, la follia, sviscerata sia come patologia, sia come via di fuga dalla monotonia della normalità.

Non sorprenderà dunque trovare in apertura la significativa T.S.O. X, una suite in tre tempi che narra il malessere del T.S.O. prima con un energico crescendo strumentale, poi con le drammatiche declamazioni di Giorgio Canali in veste di un novello Antonin Artaud post elettroshock, e infine con la sezione ritmica del duo Martelli/Maroccolo a fare da protagonista.

Il legame fra amore e isolamento viene evidenziato in Sognando, brano di Don Backy reinterpretato sia dal suo autore che da Edda, accompagnati dal basso e dalla chitarra baritona di Maroccolo, in grado di dare un tocco di personalità all’intero pezzo.

Umberto Maria Giardini mette la firma nella struggente E mentre tu giri, giri e giri, io ti guardo, mentre Canali ritorna in Lettera di Ida Dalser, una donna che, dopo essere rimasta incinta di Mussolini, fu rinchiusa in un ospedale psichiatrico da cui non uscì mai più.

Hotel Dieu è fra i momenti migliori dell’album: un tenue giro di basso dà modo alla vena sperimentale di Teho Teardo e al violoncello di Laura Bisceglie di ergersi e prendere forma in quella che è a tutti gli effetti una catarsi interiore.

Alone vol. IV non può e non deve essere paragonato ai capitoli precedenti del progetto, perché si snaturerebbe l’idea di base: un album in completo divenire, un infinito fluire di musica, in cui ogni parte è collegata alle altre.

Tuttavia, va detto che rappresenta sicuramente il capitolo più eterogeneo ed eclettico del disco perpetuo Alone. Gianni Maroccolo, infatti, circondandosi di accorte collaborazioni, rende giustizia al concept della follia non solo attraverso le varie interpretazioni fornite dai brani dell’album, ma anche grazie alla volontà di rappresentare questo tema nelle sue varie sfaccettature musicali.

Un lavoro ideologico, e non solo musicale, che va sicuramente premiato.




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