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Il Monster album dei Frankie and the Witch Fingers

I Frankie and the Witch Fingers pubblicano il loro sesto album dal nome più improbabile del solito Monsters Eating People Eating Monsters… in uscita per la Greenway Records / The Reverberation Appreciation Society il 6 ottobre 2020.

Il quartetto dell’Indiana con ormai sede in Los Angeles ritorna sulla cresta dell’onda psycho e lo fa da maestro!

La band, che ha da pochissimo reclutato la bassista delle Death Valley Girls, sarebbe arrivata in tour in Europa con gli Oh Sees, un’opportunità di due band uniche al prezzo di uno che per ora è irrimediabilmente sospesa a data da destinarsi.

Il nuovo album si snoda sulle peculiarità della band: psichedelia, immaginari allucinogeni e creativi, ma questa volta con una massiccia dose – innovativa – di kraut-rock (se così possiamo definirlo).

Tantissimi i riff superstridenti e rock’n roll che si fanno largo a sbracciate tra fuzz ovattati e hit garage-rock più classiche.

L’album è collegato senza pause o outro. Le dieci tracce terminano ed iniziano sulla stessa linea, in un continuum proprio da concept-album.

L’incipit è affidato alla caledeiscopica Activate!  che si appoggia su beat di tamburi e chitarre distorte libere di riverberare a piacimento.

Ho proferito un Wow appena si è inserito, tra le strofe propriamente ‘riposate’ di Reaper , un riff di indiscusso impatto, quasi stoner, che alza i toni del pezzo in maniera considerevole.

Ma la “schizzofrenia stereofobica” della band è cosa ben nota, tanto da essere divenuta descrizione a corredo della stessa all’interno della Bio.

La mente è riportata – in maniera banale, oserei dire – ai monoliti del genere: Ty Segal e i colleghi di tour Thee Oh Sees, tra l’altro conterranei, quasi come se la provenienza geografica fosse la base di partenza del sound.

Su Where’s your reality?  l’asticella garage ritorna in auge, con una componente massimale di psichedelia martellante, che fatica a rallentare (…e ad uscire dalla scatola cranica).

C’è sul serio del buono in quest’ultimo album dei Frankie, che si confermano essere fulgenti fautori di un genere che vive di questi tempi di una strana ipertrofia (sarà mica per l’incessabile mole di album pubblicati senza remore dai sovracitati colleghi?).




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