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Fabrizio Paterlini pubblica Transitions II, secondo capitolo di una trilogia per pianoforte: quante emozioni puoi provare in un minuto?

Quante emozioni sei in grado di provare in un minuto o due? Una domanda curiosa, opinabilmente interessante la cui risposta dipende in gran parte dal contesto e dal veicolo emotivo utilizzato. Fabrizio Paterlini, che è un (ottimo) musicista, prova a modo suo a darci una risposta, intitolandola Transitions II: si tratta, in realtà, della seconda tappa di un percorso cominciato pochi mesi fa e che raccoglie sue composizioni originali, un blister di pillole per pianoforte.

La premessa del primo capitolo, Transitions, era (per noi inguaribili romantici) un tantino più affascinante: un pomeriggio estivo, un pianoforte solitario in un salone della stupenda Villa Dionisi, un’unica sessione di registrazione dal vivo e infine un artista, intento a raccogliere frammenti di impressioni e ricordi per trasformarli in brani musicali lunghi poco più di un minuto. Transitions II è invece registrato in studio, dunque in un contesto più controllato, meno genuino e più tecnico.

La differenza con il primo capitolo si nota subito: i brani tendono a essere un po’ più lunghi, perdono in spontaneità e guadagnano qualità e pulizia del suono, anche se si sente un po’ la mancanza di quei naturali e affascinanti riverberi che le sale della villa veronese avevano impresso sulle tracce del primo Transitions. Ciò non toglie nulla alla qualità innegabile di Transitions II: Paterlini resta un artista sopraffino, che con tocco leggero e saggezza compositiva riesce a concentrare in poco più di un minuto un caleidoscopio di sensazioni ed immagini.

Le melodie sono semplici e confortanti, trasmettono serenità, malinconia, luminosità, tristezza, voglia di correre o di riflettere. Le tracce non hanno tutte lo stesso passo: alle volte si trascinano stancamente, come in The Long Path to Imperfection, altre volte sussurrano all’orecchio come in The wind, The sea, altre ancora volteggiano leggiadre come in Hours Passing. Trascorsi 11 minuti, Transitions II finisce, forse troppo presto, lasciando una sensazione di calore alla bocca dello stomaco che è piacevolissima. La durata del disco è forse il suo grosso difetto: se la premessa è quella di produrre brani di un minuto o poco più, forse una tracklist più corposa sarebbe stata opportuna.

Otto tracce sono veramente troppo poche per apprezzare appieno la bellezza della musica di Paterlini, ma è anche vero che un simile ragionamento lo si può fare solo se si considera Transitions II come un’istanza unica e isolata. In verità, le transizioni del pianista modenese sono un percorso lungo, e per questo spezzato in tappe brevi, tutte accomunate da un’unica, fondamentale caratteristica: la musica di Paterlini lenisce l’anima, e lo sanno gli dei se non ci sia bisogno, in un presente catastrofico come quello che stiamo vivendo, di un po’ di leggerezza.

Leggi l’intervista a Fabrizio Paterlini QUI




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