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Alla scoperta del mondo di Davide Rasetti

Davide Rasetti è un giovane compositore e polistrumentista abruzzese con due album all’attivo, Zelmira (2019) e All’esterno (2021). I suoi lavori rispecchiano un atteggiamento onnivoro nei confronti della musica e raccontano di emozioni che si oppongono, si abbracciano, si scontrano e che si uniscono.

Iniziamo subito con un gioco. Prova a descrivere il Davide Rasetti artista attraverso cinque canzoni.

Il primo brano, anzi opera monumentale, che devo assolutamente citare è il “Köln Concert” di Keith Jarrett. Penso che sia l’espressione della cantabilità pianistica e allo stesso tempo di un virtuosismo sottile ed elegante ma molto efficace. Spain di Chick Corea, un mix di sensualità e forza espressiva. Country di Keith Jarrett che mi trasporta ogni volta in un viaggio nostalgico. Caribe di Michel Camilo, un ritmo latino che infuoca gli animi con acrobazie vertiginose e tecnicismi esasperati.
Ultimo ma non ultimo Creuza de mä del nostro Fabrizio De André. Sono molto legato a questo pezzo, perché mi ricorda i viaggi che facevo con il camper quando avevo 4/5 anni insieme alla mia famiglia. Momenti in cui mio padre era solito farci ascoltare brani di De Andrè, tra cui questo, che mi ha sempre suscitato sensazioni mistiche.

Raccontaci com’è nato All’esterno e qual è stato il ruolo della danzatrice Rebecca Rastelli in questo nuovo progetto.

All’esterno è nato durante la prima quarantena nel 2020, ed è stata proprio quest’ultima che ha spinto me e Rebecca a crearlo. È iniziato tutto come un gioco dove io scrivevo, suonavo e registravo piccoli momenti musicali e Rebecca creava piccoli video su di essi dove improvvisava dei passi, tutto ciò per compensare la distanza che in quel periodo ha separato gli innamorati come noi e che ha distrutto ogni tipo di legame reale. Da questi piccoli giochi abbiamo concretizzato l’idea di voler creare uno spettacolo, partendo con la pubblicazione di un video-clip, e poi dell’album. Rebecca è stata fondamentale nella creazione di questo progetto, siamo entrambi ideatori e modellatori di tutto questo.

Nel disco si passa con disinvoltura dalla musica classica contemporanea al jazz, senza dimenticare l’elettronica e i suoni del Mediterraneo. Cosa ti ha spinto e influenzato all’utilizzo di una tavolozza sonora così ampia?

È stata la curiosità di spingermi oltre, fuori dalla mia zona di comfort per poter creare qualcosa di nuovo per le mie orecchie e per quelle degli ascoltatori. Ho voluto abbracciare nuovi stili, nuove influenze e linguaggi musicali in modo da poter ampliare il mio background musicale e migliorare come compositore e musicista.

L’album si chiude con È così che ho perso la speranza. Come mai la scelta di accompagnare la musica con le parole della cruda poesia del poeta siriano Aref Hamza?

Ho scoperto questa poesia grazie alla professoressa Matelda Capelletti. Appena l’ho letta me ne sono innamorato e grazie ai consigli della prof. ho musicato il testo e deciso di inserirla nel disco. Mi rendo conto che non è proprio una scelta convenzionale ma ho voluto fare ciò per cercare di far aprire gli occhi a chi l’ascolterà. L’umanità sta diventando sempre più indifferente a tutto ciò che accade e soprattutto egoista; in questo periodo in cui un male imponente si è abbattuto su tutti noi, la situazione è diventata ancora più tragica. Io penso che questa poesia narri una storia quasi macabra che però è una realtà all’ordine del giorno e che purtroppo è dovuta all’assenza di Amore. Bisognerebbe vivere la vita aderendo alla sua realtà, amando e soffrendo, e forse un giorno i poeti come Hamza non avranno più la necessità di parlare di una madre che piange un figlio morto in mare.

Pensi che in futuro le tue strumentali possano ancora una volta arricchirsi dell’uso delle parole?

Sinceramente non lo so, però non escluso nessuna possibilità.

Quali sono stati i dischi che ti hanno fatto compagnia durante il lockdown?

Questa domanda è molto interessante perché effettivamente i miei ascolti durante il lockdown sono stati finalizzati alla creazione di All’esterno. Oltre ad un morboso attaccamento alle colonne sonore di Hans Zimmer, ho spolpato e divorato l’album Tourist di St Germain, che è stato per me una grande ispirazione in quanto mi ha dato l’input giusto per iniziare ad utilizzare e studiare l’elettronica.

Come è cambiata la tua vita da Zelmira ad oggi?

Penso di essere maturato sia da un punto di vista artistico che tecnico, la mia vita ha avuto alcuni cambiamenti importanti come il raggiungimento della mia laurea triennale in pianoforte classico. In questo momento mi trovo a Rotterdam, in Olanda, dove ho appena iniziato il mio master di 2 anni in pianoforte classico presso la Codarts University of Arts. Il progetto All’esterno poi, mi ha catapultato in un mondo per me totalmente nuovo, che voglio esplorare fino in fondo.

A soli 20 anni hai già pubblicato due dischi. Dove ti vedi tra altri 20 anni?

Mi vedo ben inserito nel mondo musicale come compositore e concertista. Questo è il mio sogno ed è la mia volontà da quando sono piccolo. Sono deciso a raggiungere i miei obbiettivi.

Vuoi lasciare un messaggio o una citazione che rispecchi la tua filosofia di vita e il tuo fare musica?

La musica è un’arte meravigliosa che ha un potere di trasmissione immenso ed immediato. È un’animale indomabile che l’artista ha il compito di gestire fino a quando non raggiunge gli ascoltatori. A quel punto, è caos.

Leggi la recensione dell’album All’esterno QUI



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