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Davide Cedolin: il racconto della natura

Davide Cedolin è un artista ligure, principalmente concentrato oggi sulla musica, la scrittura e la pittura. Membro di diverse band e collettivi come i Japanese Gum ed ex membro dei TRÓNCO, il nostro ha pubblicato musica con diversi moniker, collaborando con una vasta gamma di musicisti, artisti visivi ed etichette. Le sue composizioni sono un mix di folk psichedelico, blues e songwriting che nascono con lo scopo di guarire lo spirito e la mente, un approccio differente nei confronti della musica sviluppato in concomitanza con alcuni cambi di percorso e un progressivo allontanamento dall’area urbana.

Ciao Davide, innanzitutto come stai? Come stai vivendo l’uscita di Ligurian Pastoral?

Ciao Mario, bene, ho passato la mattinata a preparare il terreno per le nuove semine, ci sono improbabili 17 C° nonostante sia inizio febbraio ed un sole che sembra primaverile. L’uscita sta andando molto bene, le cassette in USA stanno esaurendo e pochi minuti fa mi sono state consegnate le venticinque copie destinate alla vendita europea. Stanno iniziando anche ad arrivare buoni feedback dalla critica, qualche concerto in programma, quindi direi che le cose si stanno muovendo.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica e come hai scelto la chitarra come tuo strumento?

Dovessi essere sincero non ricordo esattamente il primo momento, sicuramente vedere mio padre e mio zio ascoltare musica in vinile e in cassetta quando ero bambino mi ha influenzato rendendomi familiare le pratiche di ascolto.  Ho iniziato a suonare la chitarra verso i dodici anni in modo autodidatta e il mio fine era suonare “elettrico”. La chitarra è stata la prima possibilità effettiva come strumento all’epoca. Non ho idea cosa sarebbe potuto accadere con un violino o una batteria. Ma per contingenze ad un certo punto ricordo che in casa comparì una chitarra classica con le corde in nylon e che quindi divenne il mio strumento. Le prime registrazioni con auricolari utilizzati al posto del microfono nello stereo anni novanta a cassetta, in cui sperimentavo anche sovraincisioni con la modalità “karaoke”. Nell’adolescenza ho suonato in varie band, ascoltavo hardcore, band come Sonic Youth e My Bloody Valentine,  post-rock: mi interessava di più il suono in se piuttosto che lo strumento, non ho mai indagato scale, tecniche o specifiche della chitarra fino ad una decina di anni fa, quando ho deciso di abbandonare “l’elettrico” e soprattutto la classica accordatura EADGBE, il che mi ha portato necessariamente a diventare consapevole in modo diverso verso lo strumento. Il legno. La sua tipologia, la stagionatura. La forma della cassa, l’action del manico. Scalatura corde e tipologia di metallo usato. Diciamo che ci siamo trovati e ritrovati con la chitarra. Anche il mio passaggio all’acustica è stato in realtà un ritorno alla chitarra in generale dopo una decina di anni in cui ho suonato molto i synth, con un’idea profondamente diversa dello strumento e dell’approccio.

Veniamo a Ligurian Pastoral, l’album è una raccolta di  composizioni  strumentali  accompagnate  da  una parte  testuale  che  raccoglie  storie e  leggende  locali. Come è nato questo lavoro? Nasce prima la parte sonora o quella testuale? Può essere considerata la musica la colonna sonora di questi scritti?

Alcuni dei brani presenti nell’album (Wetlands, Ca de Cavo, Timo) sono stati concepiti nelle loro versioni iniziali precedentemente all’idea generale di Ligurian Pastoral; l’estate scorsa invece ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa che potesse raccontare i miei posti e da lì la scrittura e la musica sono andate avanti in parallelo più o meno. Mi piace la tua visione come ipoteticamente anche l’opposto: vi sono una narrazione sonora ed una testuale che coincidono e si plasmano reciprocamente. Non saprei proprio risponderti però… preferisco lasciare la percezione a chi legge e ascolta.

Come sei arrivato a pubblicare l’album per Island House Recordings di New York?

Ho conosciuto Tim casualmente su Instagram tramite contatti comuni. Ci siamo sentiti telefonicamente e ci siamo piaciuti. Il nostro legame si è strutturato sulla fiducia e la stima reciproca: ha preso un aereo da NY per assistere alla presentazione di Ligurian Pastoral a Genova, ospite da noi a casa. Nessuno aveva mai attraversato l’oceano per un mio concerto.

In Ca de Cavo e Lische Alte c’è la partecipazione di Mike Horn (Seawind Of Battery). Come è nata questa collaborazione?

Mike è un compagno di etichetta che stimo moltissimo, Tim ci ha messi in contatto, è stato tutto naturale: cercavo esattamente quel tipo di arrangiamenti e lui ha accettato entusiasta.

Embracing The Unknown è un album caratterizzato da testi evocativi e misteriosi. Come mai in questo nuovo lavoro hai deciso di non cantare? Cosa è cambiato dal precedente disco a questo nuovo?

Ti ringrazio per la domanda. Già in Embracing the Unknown c’era una traccia strumentale, Silver Pines, che è il brano che mi ha fatto capire che era lì che volevo andare a parare: una sorta di test per qualcosa che sentivo già come tendenza, il liberare il gesto al di fuori di uno schema canzone, facendomi trasportare dal flusso emotivo. Embracing the Unknown è un disco nato da necessità specifiche che narrativamente avevano un’adeguata ambientazione e soprattutto a livello di scrittura le parole erano uscite spontaneamente in versi. Per quanto non esista una fine al migliorare una tecnica, sono progredito come chitarrista, e mi sono reso conto che concentrarmi sullo strumento mi permette una tranquillità esecutiva maggiore. In aggiunta, spesso dire le cose che vorrei come vorrei mi risulta impossibile, dovrei condensarle in una “canzone” deformando o mutilando il senso. Quindi ho deciso di lasciare che i binari del suono e della scrittura si separassero per un po’, sfiorandosi qua e là ma non necessariamente corrispondenti a canzoni con una parte cantata. In futuro ci sarà probabilmente spazio anche per nuovi pezzi cantati, ma ad ora il percorso che sto tracciando soprattutto a livello solista è privo di voce e più passa il tempo e più mi sento a mio agio ad esprimermi unicamente a livello strumentale. Con la band composta da Tommaso Rolando e Simone Mattiolo abbiamo registrato da poco e ci sono sia strumentali che non. Devo dire che personalmente percepisco la necessità di contemplazione quando ascolto musica e l’ambient strumentale si concilia al meglio con il mio stato d’animo ed i miei ritmi.

Lische Alte è una delle tracce che mi ha colpito di più. L’intreccio tra la lap steel e le progressioni della chitarra acustica alla Fahey infondono positività e speranza. Hai mai pensato di proporre una performance sul sentiero delle Lische Alte o in aperta natura?

Mi capita spesso, avendo la fortuna di non dovermi allontanare molto da casa. Alle lische suonerei volentieri ma ad ora l’idea di portarmi la chitarra fino lassù… non escludo che succeda però 🙂

È appena passato il 2022, tempo di bilanci, quali sono stati per te i migliori album di questo anno che si è appena concluso?

Non sono davvero sul pezzo, ascolto molta musica per me nuova ma che non lo è anagraficamente. Dagli ascolti fatti di album usciti nel ‘22 non ho esitazioni a mettere Almanac Behind di Daniel Bachman (Threelobed) almeno una spanna sopra il resto. Non è solo un disco, un film, è un manifesto politico del fare arte in modo autentico, trasmettendo un immaginario complesso, sperimentale ma tradizionale allo stesso tempo. Un disco sulla catastrofe climatica costruito con una alchimia perfetta tra strumenti a corda, shruti box, field recordings e segnali radio. L’omonimo di Eli Winter sempre per la stessa etichetta è un altro disco meraviglioso. L’ultimo Širom uscito per Glitterbeat. Il disco di Seawind of Battery. L’omonimo dei Suss.  Abbastanza recente ma comunque del 2019 sto consumando l’album di Fran Guidry And Ledward Kaapana Kaleponi & Kalapana Instrumental Slack Key Duets. Ho scoperto Kaapana da non molto, la sua gioia nel suonare è contagiosa, la chitarra per lui è un’effettiva estensione delle emozioni, uno dei chitarristi più affascinanti nel panorama contemporaneo.

Prima di salutarci, secondo te che fase sta vivendo in questo periodo la scena musicale genovese? C’è qualche nome da tenere d’occhio?

Forse non sono la persona più indicata a rispondere… vivo lontano dal centro e uno dei pochissimi svantaggi è essere meno presente ai concerti, quindi non ho il polso reale della situazione. Ho però avuto il piacere e la fortuna di ascoltare quello che potrebbe essere uno dei miei dischi preferiti di quest’anno, ma non è ancora uscito. È il debutto solista di un genovese. Non svelo l’autore perché non ha ancora annunciato la release ma è un viaggio emozionale rarefatto, tra synth analogici e field recordings.

Leggi la recensione di Ligurian Pastoral QUI



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