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i,i: l’album più completo di Bon Iver

Justin Vernon è tornato in scena con i,i, il suo quarto album, l’ultimo pubblicato nell’Agosto 2019.
Nel tempo trascorso tra 22, A Million e i,i, Bon Iver non è rimasto fermo, anzi, ha trovato nuovi stimoli per la sua musica nelle collaborazioni con Gayngs, Kanye West, St. Vincent, Volcano Choir, e lavorando nel progetto Big Red Machine, in compagnia di alcuni membri dei The National.

Sempre alla ricerca di nuove sonorità, Bon Iver è un artista che si lascia immergere in una nuova avventura musicale soltanto quando è sicuro di poter dare un nuovo contributo al panorama sonoro che lo circonda, quando ha davvero qualcosa di nuovo da dire.

Con questa premessa, che tanto dice sulla serietà e sul lavoro di Vernon, possiamo approcciarci al lavoro di Bon Iver con la giusta mentalità e la giusta serenità, senza dover necessariamente cercare paragoni inutili con lo storico dell’artista, o ancora con il resto del panorama musicale mondiale, in cui Vernon risalta per unicità e particolarità. i,i, si mostra sin dalle prime note come un disco familiare, in cui la “firma” di Bon Iver è ben riconoscibile nelle sonorità malinconiche, nell’uso degli strumenti, dai synth, alle drum machine. Fin dal primo brano, iMi, l’artista mette a proprio agio l’ascoltatore, accogliendolo con un falsetto che si poggia delicato su onde sincopate di synth e aree, tanto familiare da risultare toccante. La prima traccia, inoltre gode della collaborazione di James Blake, voce che impreziosisce maggiormente l’apertura del disco.

Nel suo quarto disco, Vernon non ha abbandonato affatto la componente spirituale ed eterea che ha contraddistinto la sua carriera fino a questo punto. Grazie ad un uso intelligente delle dinamiche sonore, l’artista pone la propria voce ora in rilievo, ora in sottofondo, a seconda dell’intenzione di comunicare maggiormente l’intensità dei testi, o le sensazioni che la sua musica riescono a tirar fuori.

Spesso il falsetto di Bon Iver arriva all’ascoltatore come un eco lontano, altre volte invece risulta “sparato in faccia”, senza pietà, come in U (Man Like), divenendo anche poco piacevole. Ma in generale è proprio il timbro vocale di Bon Iver a rendere sensazionale la propria musica, riuscendo a trasformare stili diversi, come il pop, il soul, l’ambient, in qualcosa di nuovo, con una forma e una potenza del tutto differente. La sua miscela di generi riesce a non farne prevalere nessuno, ma a crearne di nuovi. È questo il caso del pop di Hey, Ma, racconto musicale in chiave pop che però perde gli elementi dinamici del genere per aprirsi a qualcosa di più articolato.

Lo stile di Bon Iver è sempre minimale, curato, lontano da ambizioni megalomane. Non è tanto la musica in sé, quanto le sensazioni che la stessa possono far nascere nell’ascoltatore. In questo senso, i,i, per quanto riesca a convincere con ritardo, centra l’obiettivo finale. Il quarto disco di Vernon non è un lavoro di facile ascolto, certo, come tutta la sua musica d’altronde. Ma in questo caso sembra che l’artista richieda ai propri ascoltatori un lavoro d’orecchio maggiore, più attento. Il brani del disco presi singolarmente sembrano una moltitudine di buoni (o buonissimi) singoli, ma è quando vengono messi insieme che l’armonia nascosta di i,i viene fuori, ed è solo così che l’anima del disco si palesa, mostrando il proprio vero volto: un lavoro complesso, con continui ritorni armonici e sonori, con costruzioni dinamiche che superano il tempo del singolo brano, per mescolarsi l’una dentro l’altra, quasi a non voler spezzare le tracce.

Ed è proprio questa particolarità che lo rende un lavoro completo. Probabilmente, il più completo della carriera di Vernon fino a questo momento.




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