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Il flusso emozionale del batterista Anthony Laguerre

Primo disco solista per il batterista francese Anthony Laguerre, questo Myotis, in uscita per Vand’Oeuvre, si compone di sette tracce strumentali, senza titolo, identificate da altrettanti numeri romani in ordine crescente, quasi a voler da subito mettere in chiaro di non essere di fronte a forme canzone da etichettare in alcun modo, ma a sette atti di un’unica composizione.

Per il suo intento Laguerre ha utilizzato la sola batteria ed occasionalmente un’armonica a bocca, ma, a dispetto di quanto ci si possa attendere, l’uso dello strumento non è votato né al virtuosismo né tantomeno al groove. A farla da padrone sono infatti, più che le note, i riverberi e le tecniche di registrazione, nonché la ricerca della sonorità delle percussioni e di un’estremizzazione delle atmosfere, delle dinamiche e dell’impatto emozionale.

Il rimando più forte è al nostrano Andrea Belfi, ma qui il concetto è ulteriormente estremizzato e la ricerca sonora si fa spasmodica.

L’apertura è un lungo crescendo di pathos, che esplode in una grandinata di rullate dall’intensità altalenante nella traccia II. III è puro industrial fatto di coltellate affilatissime, mentre in IV il lavoro sul magma sonoro è talmente spinto da ricordare gli intonarumori e le composizioni futuriste di Luigi Russolo.

L’ansia esplode con V e VI, autentiche raffiche di batteria e feedback che sono scariche di pugni ben assestati. Chiude il disco VII, un ammasso di 17 minuti di feedback e riverberi che avvolgono un tappeto percussivo solo a tratti più dilatato dei precedenti due e che, con un crescendo impazzito verso il rumore assoluto, manda al tappeto l’ascoltatore.

L’impressione è che per Anthony Laguerre la batteria sia, più di quanto non lo sia già di norma per un batterista, un’estensione del proprio corpo, tramite la quale riuscire ad esternare un’emotività e una fisicità impossibili da comunicare altrimenti.

Un lavoro dunque dal fortissimo impatto e che, malgrado l’utilizzo di una strumentazione minima, riesce nell’intento di inondare con un magma sonoro estremamente dinamico e ricco, grazie al sapiente uso di feedback, ambiente e tecniche di registrazione. Un disco non solo per batteristi ed anzi, forse ancor di più, per ascoltatori pronti ad aprirsi e a lasciarsi travolgere e trasportare dal flusso sonico creato da Laguerre.




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