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Alos, alla ricerca delle emozioni più profonde

Stefania Pedretti nasce artisticamente alla fine degli anni ’90 dalla sperimentazione vocale e performativa delle Allun. Con Bruno Dorella condivide il progetto Ovo mentre la sua creatura principale, Alos, quest’anno compie 20 anni di attività. La sua ultima fatica, Embrace The Darkness, è nata durante una residenza artistica sull’isola di Stromboli, un rituale che cresce liberamente e si alimenta attraverso suoni e voce.

Ciao Stefania, innanzitutto come stai?

Ciao Mario e ciao a tutte le lettrici, io sto decisamente meglio ora e ne sono veramente felice, ti ringrazio molto per avermelo chiesto. Vorrei anticiparvi che risponderò alle domande con il femminile universale esteso.

Il progetto Alos quest’anno compie 20 anni, dopo tutto questo tempo cosa significa per te fare musica?

Ho iniziato a fare musica per caso, per gioco e per viaggiare in un modo differente. A distanza di tutti questi anni posso risponderti che fare musica è la mia linfa vitale, amo profondamente suonare e ovviamente amo anche tutto ciò che implica, i suoi aspetti ultra positivi a quelli più duri e difficili da digerire. Dopo quello che mi è successo fra il 2021 e il 2022 posso aggiungere che fare musica, per me, significa CURA, (intendo che) credo che la musica sia un mezzo per guarirsi e connettersi con gli altri e tutto quello che ci circonda.

Qual è stata la tua formazione musicale? Quando hai avuto il tuo primo approccio con i synth e quando hai iniziato a sperimentare con la voce?

Vorrei risponderti che ho studiato al conservatorio canto antico o gregoriano, ma non è assolutamente vero. Sono autodidatta e arrivo dal Punk-HC e il DIY, da anni di tour in giro per il mondo e almeno 20 dischi all’attivo fra Alos, OvO e Allun. Fin dall’inizio il mio principale strumento è stata la voce. Nel 1999 con un gruppo di amiche decidemmo di formare le Allun, da subito ho usato la voce in modo libero, sperimentando la vastità delle sue possibilità creative. Poco dopo è arrivata la chitarra, sempre suonata in modo istintivo e fisico. Il synth è l’ultimo strumento a cui mi sono approcciata. É successo nel 2015, grazie al progetto teatrale Azdora, nel quale mi era stata affidato il ruolo di music coach per lavorare con delle signore over 65 anni e del quale curavo le musiche. Il regista dello spettacolo aveva con sé vari sintetizzatori e io ero libera di “giocarci” è stato lì che ho avuto la possibilità di mettere le mani sul synth che uso tutt’ora, un synth autoprodotto dall’artista Macumbista. É stato amore a prima vista.

 Embrace The Darkness è stato suonato e registrato in luoghi dalla forte valenza anche simbolica come la Sciara del Fuoco e la Grotta di Eolo. Qual è la tua condizione ideale per creare musica e da dove viene di solito l’ispirazione? Ritieni che questo nuovo “rituale” abbiano reso il suo modo di fare musica in qualche modo più completo?

Embrace The Darkness è nato sull’isola di Stromboli, un luogo incredibile dove ogni angolo è speciale e trasuda magia. La Sciara del Fuoco e la Grotta di Eolo sono due posti unici al mondo ed è stato veramente un gran privilegio poter suonarci e registrare le session che per me erano piccoli rituali che hanno poi dato vita al disco. L’immagine che mi sale alla mente quando penso a queste registrazioni è quella di duetti fra me e la natura.

Per quanto riguarda l’ispirazione, solitamente inizio ad immaginare il nuovo ritual partendo dalla sensazione o emozione che desidero esplorare in me stessa e desidero suscitare nelle ascoltatrici. Da lì inizio la mia esplorazione attraversando leggende, miti e aspetti filosofici che vorrei rientrassero nel rituale. Poi comincio a fantasticare sui luoghi in cui poter registrare, quale ambiente naturale si addice al nuovo rituale e a che strumenti inserire, che siano usuali o inusuali (in quest’ultimo ritual ho usato il vetro). É un processo estremamente fuso e connesso nella mia mente al quale bisogna mescolare un luogo magico e un ottimo fonico in modo da concretizzare   le mie idee.

Questo nuovo rituale mi ha decisamente cambiato, sia come musicista, che intimamente come persona. Sono successe tante cose in questi due anni di gestazione e creazione e credo che lo si senta nel disco e nel ritual dal vivo.

Ascoltando Embrace The Darkness mi sono venute in mente le Sonic Meditations di Pauline Oliveros, delle meditazioni sonore che si basano su metodi di ascolto e reazione agli stimoli. L’obiettivo sia personale sia artistico di questo progetto è quello di provocare una catarsi emotiva?

Stupenda la tua citazione a questa autrice di cui ho comprato da poco un testo “Deep Listening”, ma che purtroppo non ho ancora avuto modo di leggere e bellissima domanda che credo nessuno mi abbia posto prima. Ti rispondo in tutta sincerità che Sì, il mio desiderio è che la mia musica parli con il subconscio delle persone, che entri nei recessi delle loro menti e provochi emozioni forti forse nuove, forse inizialmente spaventose, ma che poi queste emozioni le porti a viaggiare e le faccia scollare con la realtà di ogni giorno e, magari, le faccia scoprire parti di sé impreviste.

Embrace The Darkness non è solo un disco. L’album è affiancato da un libro da leggere dopo aver ascoltato l’album. Come è nata l’idea di creare un progetto sia visivo sia sonoro?

Il libro allegato al vinile è nato per accompagnare le ascoltatrici in questo viaggio a Stromboli, un viaggio attraverso il suono,  le fotografie scattate da Giulio Di Mauro durante la nostra residenza sull’isola e ai testi scritti dalle persone che mi hanno accompagnato in questa avventura : Marcello Batelli, Giulio di Mauro e Francesca Morello, la curatrice del festival Marosi Giulia Ferrato, la poetessa Klaus Miser (che ha scritto una poesia pensando ai vulcani e sentendo il disco) e Alice Cannavà (editrice di Occulto che ha intervistato una delle guide che accompagnano le persone verso la cima dello Stromboli).

Il libro inizia con un piccolo rituale scritto appositamente da me per le ascoltatrici per accompagnarle in questa immersione.

L’idea del libro è nata mentre ero in residenza e vedevo le splendide foto scattate da Giulio, mi è venuto naturale immaginare di poterle stampare e mostrarle insieme al disco, ma mi sono resa conto che lo spazio che un Lp riserva alle foto è troppo poco e così, insieme a Dio Drone e Archaeological Records, si è pensato ad un libro, successivamente ho cercato un’editrice e Occulto ha risposto subito alla mia richiesta.

Questo connubio di linguaggi lo si ritrova anche nel live nel quale, immagini filmate appositamente da Giulio, mi avvolgono e fanno da scenografia, trasformando lo spazio e trasportando me ed il pubblico in un altro luogo e tempo.

Cosa ti aspetti dalla musica nel tuo prossimo futuro?

Mi aspetto molti live di Embrace The Darkness, ho già la primavera bella fitta di appuntamenti, ma spero di farlo circolare un bel po’ sia in Italia che all’estero.

Ma soprattutto, ora come ora, immagino molti nuovi Rituali in cui musica, performance e teatro si intreccino sempre di più. Sto lavorando anche ad un nuovo progetto Ritual con adolescenti a cui cercherò di far scoprire il mio modo di usare la voce attraverso dei laboratori vocali in dialogo con la natura, una bella sfida e avventura.

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“Se non posso ballare non è la mia rivoluzione” affermazione di Emma Goldman, una delle figure femminile più importanti per la mia crescita personale, artistica e politica.

Leggi la recensione dell’album Embrace The Darkness QUI



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