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L’album “Komorebi” di Autune sarà pubblicato il 2 maggio 2022 su tutte le piattaforme di streaming, digital store e in vinile 12″ (edizione limitata).

Komorebi è uno stato d’animo, una o più prospettive, una metafora: tutti siamo foglie ma possiamo anche essere la luce filtrante che le attraversa. Da questa molteplicità di spunti si snodano le tematiche dei dieci brani che compongono l’album: la natura nella sua molteplicità, dalle piante agli animali passando a brani che parlano difenomeni metereologici senza tralasciare argomenti come l’amore, gli affetti e lo scorrere del tempo, sempre raccontati con l’approccio visionario e senza confine di AUTUNE.

L’album sarà pubblicato da Trulletto Records e distribuito da Believe Music Italia.

In occasione di questa anteprima, abbiamo scambiato alcune battute con l’arista. Di seguito è possibile leggere l’intervista.

Iniziamo col conoscere meglio Autune. A che età hai avuto il primo contatto con la musica, qual è il tuo background e perché la scelta di questo nome.

 Il primo vero contatto con la musica l’ho avuto all’età di 15 anni approcciandomi alla batteria: strumento del quale mi sono innamorato – per assurdo – grazie ad un videogioco per PlayStation 2 che ti permetteva di far parte virtualmente di una band; intrigato dalla figura del batterista, ruppi le scatole ai miei genitori finché, dopo circa un anno, venni accontentato ricevendo quella che fu la batteria con la quale cominciai a suonare all’interno di diverse  band composte da svariati amici. Inizialmente il mio background era  prettamente incentrato sul nu metal e sul pop punk; attorno ai 17 anni però, ammaliato dall’elettronica e dalla sperimentazione, iniziai a produrre i miei primi beat. Ho continuato in maniera quasi sadica per 8 anni, appassionandomi ad altrettanti generi, ma in particolar modo alle colonne sonore di film e videogiochi. La vita mi si stravolse quando persi tutto l’operato di quegli anni nel momento in cui mi si bruciò un hard disk contenente tutti i progetti archiviati nel tempo; quel periodo coincise inoltre col mio trasferimento dalla Puglia alla Svizzera, dunque in vista di così tanti cambiamenti pensai che in qualche maniera il cosmo stesse cercando di dirmi che era arrivato il momento di cambiare aria e ricominciare da zero. Decisi di approcciarmi al canto quando ricevetti in regalo da un amico un vecchio microfono di cui non aveva più bisogno, dopodiché incantato dalla stagione autunnale in Svizzera, pensai di incentrare le vibes di questo nuovo progetto su delle “melodie autunnali”, di qui il nome “autune” che fonde per l’appunto le parole “autumn” e “tune” al fine di sintetizzare questo messaggio.

Parliamo di Komorebi, come è nato l’album e che rapporto hai con la natura, tema centrale del disco.

Komorebi nasce in piena pandemia, esattamente durante il primo lockdown. Può sembrare strano, ma questa occasione mi ha permesso di notare il modo in cui la natura ha avuto modo di predominare nell’ambiente, come se si fosse accorta dell’assenza dell’uomo. Ho visto la vegetazione più luminosa e rigogliosa e ho sentito gli uccelli cinguettare più frequentemente. Tutto ciò mi ha permesso di instaurare un rapporto più legato ad essa: ho iniziato a passeggiare lungo i sentieri più spesso, a trascorrere del tempo solo ascoltando il suono dei ruscelli e a leggere persino dei libri disteso in mezzo a dei campi d’erba sulle cime di alcuni passi. Ho compreso maggiormente quanto è importante preservare tutto ciò, non a caso sto anche organizzandomi sul devolvere in beneficienza i ricavati delle vendite dei futuri dischi in vinile di Komorebi, affinché l’intera cifra venga donata ad un’associazione locale, il cui nome è “Gruppo Verde Speranza”, che si occupa della raccolta di rifiuti in laghi e sentieri qui in Ticino.

Komorebi può essere inteso come il filtro attraverso il quale la natura vuole mandare il suo messaggio, far trapelare con la musica argomenti come l’amore, gli affetti e lo scorrere del tempo?

Certo! I brani di questo album sono molto condizionati dal pensiero di come gli uomini siano simili alla natura, sia nella vita che nelle reazioni naturali. Mi piace pensare che siamo implicitamente legati l’un l’altro come migliaia di fili d’erba. Possiamo rigenerarci grazie alla presenza di persone a noi care che possiamo rigenerare a nostra volta, così come una pianta necessita del sole affinché il proprio stelo rimanga alto. Penso inoltre che bisognerebbe ragionare come se fossimo le foglie di un grande albero: siam solo di passaggio, cresciamo, maturiamo, ci secchiamo e cadiamo per dar spazio alle nasciture, però nel nostro complesso dovremmo mantener vivo il nostro albero, non ragionando come se fossimo l’unica foglia su di esso.

Story of a Bee, a Drop, and a Tree è uno dei momenti migliori del disco. Una melodia ipnotica e avvolgente per un brano a metà strada tra pop ed elettronica. Come nasce il brano, da cosa sei partito e chi è l’ape, la goccia e l’albero tra te, Marco Minoia ed Elias.

Sono molto contento che l’abbiate reputata uno dei momenti migliori, poiché trattasi di un brano che, nella sua simbolicità, racchiude maggiormente tutto il concetto del disco. Il pezzo nasce dopo aver chiesto al mio amico Elias di sperimentare qualcosa di nuovo tentando di produrre un nuovo brano partendo da una registrazione di Whatsapp che avrei successivamente ricampionato; lui ha imbracciato una chitarra elettrica spenta e scollegata dall’amplificatore e ha semplicemente suonato il motivetto del tema principale registrandone i suoni delle corde tramite il suo telefono; li resto è venuto da se. Una particolarità importante è stata l’esclusione di qualsiasi componente ritmica al fine di dare spazio alle melodie e alle atmosfere.  A tal proposito, dopo averne scritto le voci, ho chiesto il supporto di Marco poiché ero sicuro che la sua voce avrebbe completato l’opera al 100%. Non mi sbagliavo. Tutti e tre possiamo contemporaneamente essere sia ape, che goccia, che albero. Il pezzo parla proprio di questo: dell’essere indispensabili per qualcuno, come l’ape lo è per l’ecosistema, l’albero per l’ossigeno che ci fornisce e la goccia per la rigogliosità della natura.

Quali sono gli album che hanno influenzato il tuo percorso artistico e perché?

  • A Thousand Suns dei Linkin Park
  • Joe Pattis Experimental Group, Apriti Sesamo e Gommalacca di Franco Battiato
  • Lalmanacco terrestre dei Vegetable G
  • Weatherhouse di Phil Selway
  • A Love Supreme di John Coltrane
  • Kind of Blue di Miles Davis
  • Headhunters di Herbie Hancock
  • The Queen is Dead degli Smiths
  • 22, A Million di Bon Iver
  • The Spark degli Enter Shikari
  • Demon Days dei Gorillaz
  • Kid A, The King of Limbs e A Moon Shaped Pool dei Radiohead
  • Everyday Robots di Damon Albarn
  • LP5 di Apparat
  • Trench dei Twenty One Pilots
  • Everyday Life dei Coldplay
  • Vunilcura di Bjork
  • Nausea di Craft Spells
  • Clara Tesla degli Inude
  • Sacramento dei Lazzaretto

C’è davvero tanta ispirazione. Sono tutti album che mi hanno affascinato per il percorso che sono riusciti a creare (sono un feticista dei concept album) e attraverso il quale sono riusciti a trasportarmi dallinizio alla fine. In molti di questi casi ho apprezzato tantissimo il fattore del disordine che genera ordine, dei suoni e della ricerca; sono lavori che mi rispecchiano e infine per i quali ho pensato che avrei voluto scrivere musica simile.

Come vedi Autune tra dieci anni, cosa ti piacerebbe realizzare in futuro?

Difficile a dirsi, so solo che dal punto di vista creativo voglio continuare ad apprendere al fine di poter arrivare a creare qualcosa di mai sentito, ma alla portata di tutti (compromesso strano e probabilmente impossibile, ma il bello sta proprio lì!). Spero inoltre di poter trovare il giusto compromesso per poter suonare costantemente in giro, magari trovando dei musicisti che mi accompagnino nellesecuzione live dei pezzi (al momento la mia formula live mi vede da solo, supportato a distanza dai ragazzi della mia etichetta Trulletto Records). Sogno di poter suonare un giorno accompagnato da unorchestra, inoltre mi piacerebbe anche orientarmi verso qualcosa a livello cinematografico, magari realizzare un disco che giri attorno ad un lungo o cortometraggio. Mi piacerebbe inoltre poter arrivare scrivere colonne sonore per film o videogiochi.

 

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