Low Harmonics: il caldo respiro di una notte d’inverno
Altro giro altra corsa per la Affin, ormai una vera e propria sicurezza nell’ambient contemporaneo. Stavolta tocca a Zakè, nome già noto a chi segue da tempo l’etichetta di Joachim Spieth, dato che Low Harmonics, in uscita il 5 dicembre 2025, è la terza pubblicazione per la Affin dopo Dolere (2024) e il recente Arcadia, in collaborazione con Markus Guentner e lo stesso Spieth.
Autore a dir poco prolifico (si fa fatica a stare dietro alle sue pubblicazioni e collaborazioni), la sua concezione di ambient va oltre la rigidità spesso imposta dal genere, focalizzando invece l’attenzione sul lato più emotivo di un genere spesso considerato asettico e freddo. Sembra quasi che proprio attraverso la dilatazione temporale del suono, Zakè riesca ad addentrarsi nei meandri dell’esistenza umana, analizzandone momenti dolorosi, esperienze e relativi sollievi.
Non è esente da questo concept Low Harmonics, che sin dalla press release viene descritto come un album ancora più attento alle emozioni sotterranee e ai lati nascosti dell’umanità. L’album, diviso in tre parti per quasi un’ora complessiva di musica, è a tutti gli effetti un’unica lunga composizione difficile da descrivere senza tenere conto sia della sua compattezza che della sua componente emozionale.
Lontano dalla dissoluzione nostalgica dell’hauntology e dai suoi ricordi spettrali, a permeare lo spirito del disco è sì una costante sensazione di malinconica ipnosi ma resa paradossalmente serena dalle basse frequenze in primo piano.
Il lavoro di Zakè è puro artigianato, riprendendo quella fascinazione per il minimalismo mai nascosta nelle sue produzioni e dando vita a un flusso sonoro costante, a volte statico e prolisso, ma sempre funzionale alla descrizione di un suono che prende forma e vita con il passare dei minuti. Proprio la lentezza, assieme ai bassi in costante discesa verso le più nascoste pieghe sonore, è il punto focale di un album che va oltre l’accelerazione del tempo contemporaneo.
I tre atti dell’album, con le loro lievi variazioni sul tema, spesso impercettibili e cadenzate con molta parsimonia, conferiscono non una divisione effettiva ma solo improvvisi momenti di stasi, brevi conclusioni di un suono che in realtà non ha fine se non al termine del terzo atto, fusione fra la calma post-minimale della lunga prima traccia e della più movimentata seconda.
Low Harmonics non è una novità per chi mastica da tempo la musica di Zakè, ma è l’ennesima dimostrazione di una concezione di ambient diversa, non tanto da un punto di vista di innovazione sonora quanto in un’emotività capace di scardinare le regole del genere.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.

