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Rosa di Luce, si può ancora mettere poesia in musica. I Wow lo dimostrano

Quattro anni dopo Falene, uscito nel 2021, il duo di Roma Est formato da China e Leo Non, i Wow, torna con una nuova uscita: un Lp di sette brani edito per Maple Death Records.

Il suo titolo è Rosa di Luce, che sembra quasi il titolo di una poesia più che di un disco, ma che esprime perfettamente l’anima di questo lavoro delicato e profondo.

Rosa di Luce è un disco cristallino, limpido, senza sbavature, che si lascia ascoltare più e più volte poiché riesce a trasmettere un senso di calore, di nostalgia, che avvolge e accarezza non solo l’udito, ma anche il cuore. L’interpretazione canora di China, dotato di un’estensione vocale inquietante e particolare, con frequenze che non possono lasciare indifferenti, miste alla risoluta chitarra di Leo, sembrano ora fermare il tempo ora dilatarlo, permettendo all’ascoltatore di estraniarsi dal presente e perdersi completamente nel viaggio musicale rappresentato da Rosa di Luce

Questo disco sembra essere nato senza un piano preciso, senza una strutturazione particolarmente elaborata alla base, bensì grazie ad un flusso artistico inarrestabile, genuino, naturale, capace di dar vita a nuovi significati e nuovi linguaggi, pur rimanendo fedele al proprio storico discografico. Così sembra che Rosa di Luce sia semplicemente apparso, come una proiezione mentale del duo, diventata poi fisica, pronta a farsi vedere, sentire, ammirare. L’arrangiamento dell’intero disco è complesso, articolato, ma allo stesso tempo minimale e curato: come se la musica volesse spogliarsi del superfluo, denudarsi di tutto ciò che è inutile, pur rimanendo ricercata. Proprio per questo, Rosa di Luce mette in risalto più che mai la capacità ultraterrena dei Wow di creare canzoni che contengono emozioni allo stesso tempo immense e minimali, grezze ma accoglienti, sincere, taglienti: vive.

Fin dalle prime note il disco rapisce per la sua presenza poetica, per suoi testi ricercati e l’armonia rilassante. Rosa di Luce assomiglia ad una ninna nanna sussurrata con cura, cantata su un portico, tra il rumore delle cicale, in una sera d’estate: pura nostalgia. Primavera mette in risalto le abilità canore di China che diventa protagonista del brano accompagnata dal sax di Ryan Spring Dooley. Le Montagne e Noi, brano impreziosito dai flauti celestiali di Alessandra Lazzarini, suona come un canto creato dalla natura stessa, dove la voce di China e la chitarra di Leo si inseriscono in modo genuino. La Radura ha il tono di una confessione mesta e dolorosa, una presa di coscienza che si materializza fisicamente attraverso il suono. Creature Fragili, invece, fa dell’ermetismo testuale e sonoro, il proprio punto di forza. Samba e amore spezza il tono del disco prima del gran finale: ƒ, che sembra quasi cantato da un altro mondo, etereo e distante. 

Con Rosa di Luce, i Wow hanno dimostrato che per realizzare un buon disco, naturale, poetico, ma soprattutto d’effetto, non servono particolari pretese o artifici: ma basta lasciar fluire il processo creativo in maniera naturale, come un fiume che leggero e costante scorre pronto a portare acqua nuova all’oceano, che in questo caso rappresenta il panorama musicale italiano.

Che quest’acqua nuova fresca, possa influenzarlo positivamente e far tornare la musica a quell’estetica ermetica che ormai latita da troppo tempo.



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