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Come fa un clown ad essere triste?

Direttamente da Crotone, Mykyta, Isacco, Alessandro e Giuseppe danno alla luce l’album Stains. Anticipato concettualmente dalle 5 tracce dell’Ep Lotus Spring del 2017, l’album autoprodotto, è il primo per i Sad Clowns, pubblicato il 26 aprile 2019.

Le undici tracce del disco raccontano il percorso esistenziale che ogni coscienza si ritrova costretta a vivere. Ogni brano è una pagina del diario dei Sad Clowns, una formazione fuori dal coro, lontana dall’it-pop, dai suoni colorati tanto in voga nel nostro Paese. Nell’album prevale, infatti, la malinconia degli ampi suoni riverberati, un retrogusto amaro e triste accompagna le riflessioni che si pongono i quattro sulla propria esistenza.

Una strumentale apre le porte al lavoro dei Sad Clowns, che dopo l’Intro attaccano con la traccia The Sad Clown, il pagliaccio triste è il personaggio simbolo della quotidianità umana, incorreggibilmente pirandelliana. Il brano parte morbido per poi decollare subito con una sezione ritmica incisiva, una voce parlata e le chitarre che strizzano l’occhio agli Artic Monkeys.

L’indie rock incontra il cantautorato in Old Book, canzone che mette in discussione tutte le credenze. Delicata, la quinta traccia è una delle più piacevoli e raffinate di tutto l’album. Ci mettono un attimo le chitarre a diventare violente, ma sempre in cerca della melodia perfetta. È questo alternare tra parti sinuose e momenti acidi che rendono la canzone interessante.

Frizzante, Lovesong è una boccata d’aria che porta a non pensare. È la descrizione del momento in cui l’uomo, facendosi guidare dal proprio ego, arriva a rifugiarsi nel sesso occasionale, pur sapendo si tratti

di un sollievo effimero. Ancora una volta la voce si poggia delicata sulle note di chitarra di The Impressionist, momento intimo del disco, un invito ad amare chi abbiamo al nostro fianco, una canzone fortemente influenzata dai Kings of Convenience che mostra i mille volti della band calabrese.

A chiudere l’album ci pensa il calore di Hymn Of The Fugitives, gli arpeggi e il clap fungono da tappeto per la voce sempre impeccabile.

L’indie, il rock, lo shoegaze, il post-rock, il cantautorato, nel loro DNA i Sad Clowns hanno tutto questo e anche di più, e lo racchiudono in tracce dolci e dalla forte componente emotiva.

Le basi ci sono, ora bisogna lavorare per trovare un sound ancora più personale e riconoscibile, mettendo ancora di più in risalto la voce di Mykyta Tortora, bisogna continuare con questi interessanti intrecci chitarristici e son sicuro che col secondo disco sentiremo ancora parlare di questa formazione.




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