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Black Sarabande: soundtracks da camera con le architetture sensoriali di Robert Haigh

Lontano dalle prospettive sonore di Omni Trio, Robert Haigh negli ultimi anni ha condensato la sua ricerca sonora in una serie di raccolte pianistiche intime e suggestive. Ne è l’esempio Black Sarabande, l’ultimo lavoro pubblicato il 24 gennaio per la label newyorkese Unseen Worlds Records. Quel leitmotiv “ambient drum’n’bass”, che ha caratterizzato le precedenti produzioni, è ormai solo un ricordo; indubbiamente questo disco delinea, come per gli ultimi lavori della sua metamorfosi, una radicalizzazione compositiva più improntata su forme minimali e neoclassiche.

Black Sarabande nasce da immagini nostalgiche e melanconiche, ma raccontate con fugaci luci morbide. E’ musica pregna di rimandi audio-visivi lugubri, evocativa di un’infanzia trascorsa nel South Yorkshire, tra i paesaggi sterili del nord industriale inglese; suono che si raffina per foschie materiche elettroniche più vicine al drone, ma con un artificio mai invasivo, raffinato, a valorizzare il focus dell’intero disco: la melodia pianistica. Lo strumento, nel suo isolamento, viaggia delicato per arpeggi e tocchi riverberati, arricchendosi di improvvise variazioni dissonanti che vanno poi a risolversi elegantemente. Le armonie, costruite con parsimoniose sequenze di note, si propagano negli spazi ambient dove attecchiscono trame prima crude e poi dolci.

Le tracce suonano come piccole colonne sonore da camera in cui il pianoforte, tra pressioni e risonanze, edifica architetture sensoriali. Si annulla la prospettiva di qualunque velleità virtuosistica, mentre l’artista incentra il lavoro sulla comunicabilità della nota e sul suo potere evocativo. Un diario di composizioni che non vogliono imporsi all’orecchio dell’ascoltatore, piuttosto avvolgerlo nella loro incantevole perfezione. Al di là dei richiami più ansiogeni e spettrali o delle frequenti asimmetrie arpeggistiche, l’inquietudine di fondo sta effettivamente nella sua placida e languida superficie. Dal fascino delicato, Black Sarabande si presta benissimo ad essere un disco dall’ascolto godibile e al tempo stesso meditativo. Robert Haigh riesce a dipingere vividi quadri nostalgici con le timbriche più sensoriali ed introspettive dello strumento, imprimendo tratti austeri e agrodolci di stupefacente bellezza.




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