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Hollow Body: una narrazione coerente

Il mondo che ci circonda e le piccole cose che quotidianamente proseguono il proprio corso come massima fonte d’ispirazione. Con questo principio Remo Seeland è partito nella ricerca musicale, personale e scientifica per la realizzazione del suo nuovo album, Hollow Body, in uscita il 13 settembre 2019 per Hallow Ground.

Registrato fra New York, Reykjavik e Zurigo, il lavoro è una sintesi fra field recordings e modern classical, in cui l’ambiente che ha influenzato il musicista gioca un ruolo fondamentale. A New York è stato ispirato dalla metropolitana, dalla sua malinconia e al tempo stesso dalla frenesia generale, in grado di ricreare nel suo animo una sinfonia interiore. A Rejkjavik, invece, l’immobilità del paesaggio islandese gli ha permesso di entrare ancora di più in confidenza con sé stesso e con l’ambiente circostante, fino a tal punto da entrare in simbiosi con tutto ciò che percepiva.

Musicalmente, rappresentare queste sensazioni così personali ed intime non è una sfida facile. E soprattutto, riuscire a comunicare agli altri le esatte emozioni scaturite in quei fatidici momenti è impresa ancora più ardua.

Apre Body Innovation con i suoi lussureggianti droni, avvolgenti ma mai invasivi o pacchiani. Hollow City vede la partecipazione alle chitarre di Reinier van Houdt (Current 93) e di Norman Westberg (Swans) ed il risultato è il momento migliore dell’album, con intrecci atmosferici eleganti ed efficaci, che portano l’ascoltatore a percepire parte del mondo vissuto da Seeland.

Il trombone di Steve Fors e gli onnipresenti bassi fanno da protagonisti in Second Coming, mentre il piano Rhodes tesse trame a tratti bucoliche in Pulse Points Green. La lunga ed alienante Whoosh Before Laya spalanca le porte di un mondo etereo, che si chiude solo con la conclusiva Night Within, un’intensa litania d’organo.

Complessivamente, Hollow Body è una narrazione coerente del viaggio di Remo Seeland, che riesce ad esprimere pienamente il concept da cui parte l’album. Qualche perplessità sul fatto che al termine dei 35 minuti di musica c’è l’impressione che il lavoro non sia definitivamente decollato quando avrebbe dovuto, e che il sound rimanga leggermente troppo basico rispetto alla moltitudine di emozioni provate dal musicista. Tutto sommato, però, il risultato è positivo e vale la pena immergersi nel mondo di Seeland.




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