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È tempo di rock con i Pontecorvo

I Pontecorvo nascono nel Gennaio del 2015. Il trio lombardo propone un mix di rock, noise, garage, blues e punk. A più di un anno dalla loro nascita danno alle stampe il loro primo Ep autoprodotto. Il 21 aprile 2020 è uscito il loro nuovo lavoro discografico, Ruggine, riproposto in formato vinile il 18 dicembre 2020 grazie a Truebypass.

Ci svelate l’origine del vostro nome e come è nata la band.

Ci siamo trovati la prima volta in sala a gennaio 2015, Fili aveva dei pezzi registrati con un pc a casa, vecchi di almeno un anno, Diego era pronto a suonare il basso ma non si trovava un batterista; Fra ha risposto all’annuncio sbagliato su un sito e da lì è un po’ partita questa tragedia.

Il nome viene dal regista Gillo Pontecorvo. Gillo Pontecorvo è un bel nome, che suona bene. Un nome come “i gillopontecorvo” forse poteva andar bene per la next big thing dell’itpop, pontecorvo invece era un nome che poteva andar bene per noi.

La Ruggine è un composto spontaneo, spesso difficile da togliere. E’ il motivo per cui avete scelto questo nome per l’album, ossia una musica nata spontaneamente che difficilmente va via?

In realtà il disco nasce dopo una crisi del gruppo; abbiamo proprio smesso di suonare per un bel po’ prima di decidere di ritornare in sala. Siamo ripartiti con una nuova line up con Ale al basso e, un po’ a fatica, abbiamo ricominciato.

La ruggine è quella che ti devi levare dopo mesi di inattività, suggerisce la difficoltà di far girare bene le cose ed è quella che rimane sotto la brace dopo le rotture tra le persone; tutto questo ben si sposava con quello che stavamo scrivendo.

In Cade cantate “ora basta bersi il tempo che ci resta e lamentarsi nell’attesa”. Sono parole che ben rispecchiano la nostra condizione attuale. Dopo tutta questa situazione cosa vi aspettate che cambi per i musicisti e per chi lavora nel mondo della musica nella fase post Covid?

È davvero difficile attualmente avere una visione del futuro, in realtà credo che la situazione musicale “alternativa” fosse già disastrata prima della pandemia. Probabilmente si dovrà fare come prima, creare da zero o quasi le occasioni per suonare, supportando le realtà che ancora resistono. Non sarà semplice, ma non credo lo sia mai stato davvero.

Lo sforzo che ci vuole e il tempo da buttare” in Martedì sembra quasi che parliate del vostro percorso musicale. In un periodo dove i giovani si sentono subito artisti, vogliono risultati immediati senza un minimo sforzo, per voi quanto è stato importante suonare in giro e fare la gavetta?

In effetti in quel pezzo si fa riferimento anche al suonare e a quanto sia importante tenersi strette le proprie passioni, lo sforzo spesso non è un mezzo per arrivare a qualcosa ma il fine stesso. Per il discorso sui giovani non saprei, forse siamo già troppo vecchi, ma ti direi che per noi la gavetta era esattamente dove volevamo arrivare, volevamo semplicemente poter suonare in giro.

Cosa non può mancare durante un tour, cosa portate con voi e qual è l’episodio più strano capitato durante un live.

Fa davvero poco parte dell’immaginario rock’n’roll ma non può mancare il gaviscon.

Per sdoganare l’argomento “gastrite nel rock’n’roll” ci abbiamo pure scritto un pezzo (gaviscon blues – https://youtu.be/sEBluJ37eiU).

Per l’episodio più strano non saprei, forse sarebbe bello raccontare di quella volta in cui abbiamo suonato in quello che era un incrocio tra un sushi bar, un ristorante cinese e una sala slot: confusione alimentare, ludopatia e la nostra musica a fare da sottofondo, non è una valida rappresentazione dell’inferno?

Idles e Fontaines Dc sono tra i principali fautori del ritorno di una musica viscerale, cruda e potente lontana dal mainstream. I Pontecorvo possono fare lo stesso in Italia e, perché no, aprirsi una strada all’estero?

Devo dire la verità (ma spero di sbagliarmi), non credo ci possa essere lo stesso livello di interesse in Italia per queste sonorità, abbiamo una storia musicale molto diversa da paesi tipo UK da dove arrivano appunto gruppi come gli Idles. Detto questo, noi continuiamo a fare il nostro e tutto ciò che può arrivare di buono in Italia e dall’estero è tutto di guadagnato.

Quali sono le band con le quali siete cresciuti?

Veniamo da percorsi musicali contrastanti, passiamo più tempo a discutere sulla musica che ascoltiamo che non a suonare. Per dare una risposta direi rock ’70, punk, grunge, stoner, robe così.

Facciamo finta che avete vinto la lotteria. Prendete i soldi e lasciate la band? Per cosa li usereste?

Suonare in una band significa buttare tanti di quei soldi che se vincessimo la lotteria forse andremmo a pari.

Leggi la recensione dell’album Ruggine QUI



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