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Arthur Rimbaud in Verdun: l’immaginario poetico di Penny Rimbaud

Se per i Crass, la più importante band anarcho-punk della storia, non servono, giustamente, presentazioni, vale la pena soffermarsi sulla carriera solista di Penny Rimbaud, fondatore di quel gruppo capace di rivoluzionare l’intero mondo punk.

Poeta, scrittore, pittore, musicista, all’anagrafe Jeremy John Ratter è la classica definizione di artista eclettico, capace di muoversi fra innumerevoli tipi di performance per far risaltare il proprio estro.

La carriera solista del Nostro è strettamente legata alla sua passione per la poesia, com’è evidente sin da Acts of Love(1985), uscito appena un anno dopo lo scioglimento dei Crass. Con cadenza decisamente irregolare, dunque, spunta fuori di tanto in tanto un suo progetto nuovo, in grado di spaziare dalla musica sperimentale al noise, passando per il minimalismo e l’onnipresente vena poetica.

L’ultima fatica è Arthur Rimbaud in Verdun, in uscita il 20 novembre 2020 per One Little Independent/Audioglobe. Il concept è l’irrealistico immaginario del poeta francese Arthur Rimbaud che prende parte alla battaglia di Verdun del 1916, circa 15 anni dopo la sua morte.

Interessante anche la stratificazione del lavoro, composto da un intro e undici parti intervallate da dieci intermezzi, per un totale di ben ventidue capitoli.

Musicalmente, la formula è collaudata e creata ad hoc per accompagnare i versi di Penny Rimbaud, con la presenza di ben tre musicisti al sax tenore per creare un tappeto sperimentale e d’avanguardia alle spalle.

L’Intro evidenzia proprio la spiccata componente jazz dell’album, con i sassofoni che si intrecciano in un delicato cerchio prima di lasciare spazio alla Part One, che segna l’entrata in scena di Penny Rimbaud.

Da buon poeta e cantore, il Nostro declama, recita, a tratti urla i suoi testi, riuscendo a riempire la scena nonostante la presenza di eccellenti musicisti. In pochi minuti, dopo aver ascoltato anche la Part Two, è evidente, per quanto non sia una scoperta, che ci si trova davanti ad un vero e proprio perfomer.

Che sia nell’animosità senza tempo della Part Four o nella lunga cavalcata della Part Nine, è evidente in tutti i capitoli la ricerca testuale e musicale presente alla base dell’album.

Arthur Rimbaud in Verdun non è, ovviamente, un lavoro per tutti e per ogni occasione. Va ascoltato, capito e soprattutto letto per poter entrare pienamente nel mondo immaginario ricreato da Penny Rimbaud.

Non sarà, effettivamente, un album imprescindibile, ma c’è tanto altro dietro, come la capacità di regalare all’ascoltatore un’esperienza multiforme e trasversale in più forme d’arte.

E non è da tutti.




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