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Senza Eredità: il testamento musicale ed umano di Moltheni

Sembrava essere finita da tempo l’esperienza del progetto Moltheni, quando nel 2009 la raccolta conclusiva Ingrediente Novus aveva tracciato una netta linea di separazione nella carriera artistica di Umberto Maria Giardini, che da lì in poi avrebbe continuato a pubblicare musica sotto il suo vero nome.

Invece, undici anni dopo, il musicista marchigiano, capostipite di una generazione di cantautori, rispolvera di nuovo il suo alter ego per l’ultima volta.

In uscita l’11 dicembre 2020 per La Tempesta Dischi, Senza Eredità rappresenta l‘estrema tappa di un viaggio necessario per lo sviluppo del panorama indipendente italiano, focalizzandosi sulla ricerca ed il recupero di brani mai pubblicati, rivestiti oggi di una nuova pelle con sonorità differenti.

La raffinatezza pop di La mia libertà apre nel migliore dei modi l’album, mettendo in mostra tutte le caratteristiche che hanno da sempre contraddistinto la musica di Moltheni: una scrittura elegante ed efficace, un sound duro al punto giusto ma in grado di ammorbidirsi da un momento all’altro, elemento necessario per accompagnare il camaleontico tono di voce di Giardini.

Ieri si veste di nostalgia folk, ricco di una carica emotiva amplificata e, ancora più convincente, nella successiva Estate 1983, un pezzo nato al chiaro di luna.

Il quinto malumore trascina in un nervoso vortice rock colmo di confessioni e risentimenti, mentre Nere geometrie paterne riporta l’atmosfera generale su sonorità più riflessive, intrecciate da un riff etereo a fare da collante.

La classicità di Spavaldo apre il campo per Sai mantenere un segreto?, fra i momenti più riusciti dell’intero lavoro, una brevissima gemma dai toni nostalgici ed esistenziali di pregevole fattura, un certosino ricamo di vita.

Gli undici brani di Senza Eredità sono il testamento musicale ed umano di Moltheni, che per l’occasione si mette a nudo per l’ultima volta, mostrando ancora una classe difficile da eguagliare.

L’impressione è che il percorso sia terminato nel modo migliore possibile, dando dignità a dei brani che sarebbero rimasti ingiustamente seppelliti fra i cassetti dei ricordi.

Tutte quelle cose che (non) ho fatto in tempo a dirti.




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