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Matt Howden, tra poesia, musica e natura

Matt Howden (alias Sieben, The Mighty Sieben), violinista eclettico, fonde con maestria le energie del rock e la complessità della musica classica. Language For Stone, realizzato con suo padre, il poeta inglese Keith Howden, esplora le pietre del Lake District e il legame tra Oriente e Occidente. Un racconto che attraversa tradizioni antiche e pratiche in evoluzione, riflettendo un dialogo continuo tra culture e idee

Spesso i padri sono visti come eroi o modelli ispiratori per i figli. Come il vostro rapporto padre/figlio si riflette nel modo in cui collaborate? Come descrivereste l’esperienza di lavorare insieme?

Non sono sicuro che rifletta il modo in cui siamo come padre e figlio, ma come artisti siamo sicuramente due lupi solitari! Mio padre scriveva la sua poesia, intatta, invisibile, non diluita da me – mentre io scrivevo la musica per rafforzare le parole e i significati, completamente da solo, come sempre. Una delle cose migliori che un padre può trasmettere è che il figlio dovrebbe essere “il suo uomo” – leale e autonomo al tempo stesso, e mio padre ha sicuramente fatto questo per me, fin dalla giovane età. Il punto d’incontro è stato quando abbiamo registrato la sua voce mentre leggeva il suo stesso lavoro. E il mio compito principale in questo processo, sia come figlio che come produttore discografico, era quello di sorvegliarlo, facendogli svuotare le tasche degli spiccioli (poi le chiavi, poi altri oggetti) che agitava nervosamente mentre leggeva, mentre io monitoravo attraverso un microfono da studio molto sensibile che captava tutto!

L’idea di unire musica e poesia, esplorando le potenzialità del suono delle pietre musicali, rappresenta un progetto molto affascinante e originale. Potreste raccontarci come è nata questa ispirazione? E cosa vi ha spinto a riscoprire questa forma di linguaggio ancestrale?

Scrivo canzoni, come Sieben, ma scrivo anche musica per film e vari altri media (compresa musica da ascoltare durante la lettura di un libro, musica per mostre, musica per migliorare dimostrazioni didattiche, ecc). Mio padre è un poeta da prima che io nascessi. Mi è sembrata una bella opportunità per fare qualcosa con mio padre e le sue poesie, che penso siano potenti e forti. Così come la sua voce, che all’inizio mi ha sorpreso – semplicemente perché è la voce di mio padre, quindi non avevo mai usato il lato del produttore discografico del mio cervello per analizzarlo, finché non abbiamo iniziato a registrare! Le parole delle poesie hanno sicuramente ispirato, così come i paesaggi e le comprensioni comuni che abbiamo attraverso l’essere padre e figlio.

Come si integra la componente sonora con quella poetica, e come si sceglie il momento giusto per far emergere le parole rispetto ai suoni?

Le poesie hanno una pulsazione ritmica molto forte, quindi il mio primo compito è sempre stato quello di sedermi ad ascoltare, regolando il “clic” di un metronomo. L’obiettivo è ottenere l’impulso trainante e il tempo delle letture di ogni poesia prima di iniziare qualsiasi musica. Poi mi sono creato una serie di regole musicali (che sono scivolate via e ora sono dimenticate) a cui attenersi inizialmente. La cosa principale era l’integrazione con il litofono. E la chiave è sempre stata che le parole dovevano dominare, indicando i significati da esaltare, e la musica, sebbene non fosse un semplice sottofondo, doveva servire i versi. E proprio tra le strofe la musica poteva “fluire oltre i lati” di queste creazioni.

Nel brano Innate Symphonies Of Land dell’album Language for Stone, avete utilizzato la voce e le parole come strumenti aggiuntivi, elementi che contribuiscono al ritmo e alla tessitura complessiva del pezzo, senza che emergano come elementi distinti rispetto alla musica. Potreste condividere con noi come avete affrontato il processo creativo in questa traccia? In particolare, il testo è nato prima della musica o viceversa? E come avete lavorato per integrare e mettere in relazione i due elementi in modo che si potessero fondere armoniosamente, senza che nessuno dei due prevalesse sull’altro?

Tendo a scrivere la musica prima delle parole, e a lasciare che si sviluppino entro i confini della canzone, anche se potrei aver scritto alcune parole per questo, prima, non ricordo. Certamente le parole cantate “Bleng, Esk, Irt, Fell, Ling, Keld, Was, Set” sono state abbozzate prima. Questi sono i fiumi locali che scorrono attraverso il paesaggio della Cumbria, e i loro suoni sono gutturali, le loro influenze anglosassoni (e norvegesi) sono forti nelle vocali dure dell’inglese settentrionale, in qualche modo simili al mio accento naturale. Parte della chiave di questo pezzo è stata collegarlo alle parole e ai temi di mio padre. In effetti, ho “tolto” alcuni versi da lui per adattarli al mio scopo e alla mia canzone. Questo è stato scritto dopo che tutte le poesie erano state scritte, registrate e per lo più completate anche con la loro musica.

Come siete venuti a contatto con Archaeological Records?

La nostra è una bellissima amicizia e collaborazione artistica ormai da oltre vent’anni, nata dopo gli inviti a venire a suonare in favolosi festival a Roma e poi anche più lontano. Lavorare insieme nel nord dell’Inghilterra è stata una delle più recenti cose fatte insieme. Dopo anni di progetti – a volte in famiglia (un altro libro/disco, Matter of Britain vedeva già Matt Howden e Keith Howden insieme per un progetto curato sempre da Giulio Di Mauro, con il precedente progetto Post Romantic Empire. ndr.) a volte no – e viaggi condivisi nel corso degli anni che sono stati una vera fonte di piacere il rapporto si è consolidato. Tutto favorito da una passione combinata per tutto ciò che riguarda il buon cibo e la cucina e sempre nutrendo la mia anima artistica solo con il meglio: una grande amicizia :).

Come pensate che questa fusione tra elementi naturali e espressione artistica possa contribuire a riscoprire e rivitalizzare antiche tradizioni sonore e poetiche?

Assolutamente! Sono un costante “reinventare” del mio lavoro e dei suoni che inseguo per la migliore trasmissione della canzone. E con questo lavoro, Language For Stone, era ovviamente necessario intrecciare i suoni dell’ambiente naturale in porzioni dei brani. Il suono dei chiurli nella brughiera, la pioggia I suoni naturali delle pietre; i loro suoni modellati, trasformati in strumenti rozzi e leviatani. Sorgenti naturali di frequenze che ho poi trasformato in suoni ultraterreni utilizzando il time-stretch, il campionamento e le manipolazioni della tecnologia moderna. Ho finito per comporre brani difficilissimi da suonare dal vivo: melodie quasi impossibili da replicare sul litofono di Keswick, partiture che quattro persone atletiche e con incredibili capacità musicali farebbero fatica a suonare su uno strumento così enorme. Nuovi modi per cogliere l’intramontabile…

Guardando avanti, quali sono i vostri progetti futuri riguardo alle pietre musicali e alla vostra collaborazione? Pensate di continuare a esplorare, collaborare e dare voce a queste straordinarie fonti di suono in nuovi luoghi e con nuovi strumenti?

Ci saranno sicuramente più collaborazioni con l’Archaeological Records – sia alcuni concerti dal vivo che altri eventi speciali. Dopo il grande lavoro che hanno fatto con questo disco, spero che gestiscano tutte le mie future uscite di Sieben, cos’ che non debba farlo La mia pazienza si esaurisce con alcune situazioni dell’era moderna e dei social media, ma mai con le persone che interagiscono e supportano gli artisti indipendenti. Per quanto riguarda le pietre litofoniche stesse, avranno ulteriori “escursioni” nel mio lavoro cinematografico e saranno uno strumento vitale. E le imperfezioni naturali di ogni nota sono qualcosa che potrei continuare a esplorare per molto tempo 🙂 Grazie per l’intervista e per l’interesse.

Leggi la recensione dell’album Language For Stone QUI


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