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Industrial Slave, un mondo distopico e inquietante

Nel nuovo album solista di Massimo Pupillo, Industrial Slave, veniamo catapultati in un mondo distopico e inquietante: un paesaggio di gabbie digitali, codici a barre e QR code che si moltiplicano all’infinito, come un costante sguardo di sorveglianza onnipresente.

L’opera, pubblicata tramite Improved Sequence, prende ispirazione dall’omonima poesia di John Trudell, poeta, attore e attivista nativo americano, il cui testo si erge come un grido di denuncia e di consapevolezza.

Industrial Slave è una dichiarazione potente che getta le basi per un sound che evoca le radici del movimento elettronico e industriale degli anni ’80 e ’90, richiamando le atmosfere di SPK, Clock DVA, Scorn e Techno Animal, ma proiettate in un presente disturbato e tecnologicamente ipercontrollato.

Come un mantra ipnotico, la title track si presenta con la voce di Sandra Canessa, che introduce la traccia leggendo la poesia di Trudell. Industrial Slave si muove lentamente, con un tessuto sonoro plasmato da droni cupi, ritmiche minimali e synth vibranti che crescono improvvisamente, facendo calare la notte sul brano. L’atmosfera si fa progressivamente oppressiva e tagliente, con Pupillo che imprime un taglio deciso e cupo alla traccia, accompagnato da una ritmica urbana intensamente evocativa. L’intera composizione si rivela un viaggio sonoro ipnotico, capace di immergere l’ascoltatore in un’atmosfera densa di tensione e riflessione.

The Construct (Hacking A Technogenic System) è un’esperienza sonora intensa e disturbante, caratterizzata da un bombardamento di pattern elettronici che creano un senso di gabbia ansiogena. Il pezzo si fonda su un ritmo granulare e caotico, che si agita e si intensifica progressivamente, colpendo l’ascoltatore in modo emotivamente diretto. Verso la fine, i suoni asciutti e metallici degli arpeggiatori si dissolvono, lasciando spazio a una ritmica percussiva di matrice industriale, che conferisce all’intera composizione un senso di apocalittica rassegnazione. La composizione riesce a trasmettere un senso di costrizione e di lotta contro un sistema oppressivo, creando un’atmosfera disturbante ma affascinante, che invita l’ascoltatore a riflettere sulle implicazioni di un mondo dominato dalla tecnologia e dal caos.

Nonostante il senso di oppressione si affievolisca, The Blind Leading The Blind si presenta come una traccia più accessibile rispetto alle precedenti. Pupillo si concentra su complesse contorsioni matematiche e meccaniche, riuscendo a creare un’atmosfera tesa e inquietante che sembra riflettere le tensioni dei tempi attuali. L’elettronica si increspa con un’azione sommessa, che cattura l’attenzione senza sovrastarvi, lasciando spazio anche agli strumenti acustici. Questo equilibrio contribuisce a generare uno stato di tensione sottile ma persistente, rendendo la composizione di grande impatto.

Industrial Slave non è solo un’esplorazione sonora, ma un vero e proprio racconto di un mondo nuovo e coraggioso, un panopticon digitale che mette in discussione le nostre libertà e il rapporto con la natura e il divino. Tra riferimenti alla fantascienza distopica di Philip Dick e Robert Anton Wilson e le voci tribali che echeggiano tra le onde sonore, Pupillo ci conduce in un percorso inquietante, ma necessario, tra le catene di contratti legali a lingua biforcuta, le guerre per la sicurezza nazionale e la distruzione del pianeta. È un invito a riflettere su ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo a noi stessi e al mondo che ci ospita.



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