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Liscio Gelli: i Mariposa parlano della tradizione con la voce della sperimentazione

Probabilmente solo un gruppo come i Mariposa, che nel 2005 aveva dato vita alla “musica componibile” con Pròfitti Now! Prima conferenza sulla musica componibile, poteva cimentarsi nell’impresa di interrogarsi sul Ballo Liscio, di unirlo alla figura di Licio Gelli, ed infine di esprimere il tutto con una fusione di musiche da ballo lontane e irraggiungibili, che vanno dal tango alla polka, passando per il latino-americano.

Quasi nove anni dopo l’ultimo lavoro, Liscio Gelli, in uscita il 24 gennaio 2020 per Santeria, mette in mostra l’anima sperimentale e freak del collettivo, che adesso vede la presenza alla voce di Serena Altaviti e Daniele Calandra, già collaboratore del gruppo, dopo l’uscita di Alessandro Fiori.

Apre Misericordia, che con i suoi ritmi a metà fra il festaiolo e il religioso, nel senso più occulto del termine, segna il leitmotiv di un album dall’identità fluida e volta alla volontà di sorprendere. Pura vida, dittatura! catapulta l’ascoltatore dall’altra parte del globo, nel Brasile della samba, del jazz/bossa nova di Joao Gilberto, della musica popolare brasiliana di Caetano Veloso: ne esce fuori un viaggio dai ritmi allucinogeni e imprevedibili.

Golpe Galop, come suggerisce il titolo, riprende melodie movimentate, ritmi galoppanti e persino i Ramones di Blitzkrieg Bop. L’atmosfera festaiola si tramuta in un pezzo più classico e popolare come Nando, che riprende la tradizione del liscio.

La polka, natura evoluzione del galop, viene rivisitata in salsa avanguardistica più che nella sua forma tipicamente romagnola, con fiati ariosi a fare da protagonisti, seguiti da un coro nel crescendo strumentale finale. Chiude Il Lupo, una litania notturna che si stende su un tappeto di synth minimali e agghiaccianti, che riportano all’oscurità del dungeon synth.

I Mariposa ritornano con un album coraggioso, che tende a voler stupire e a parlare di tradizione eliminandone ogni residuo, attraverso una serie di elementi innovativi.

A metà fra avanguardia e sperimentazione, a Liscio Gelli vanno perdonati anche momenti leggermente più ruffiani e barocchi, vista la qualità complessiva del lavoro, che osa e riesce nel suo intento.

Una sfida vinta.




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