Mahku, un potente strumento di connessione e di pace universale
L’insegnante di Jivamukti Yoga e co-fondatrice di Love Supreme Projects, Manizeh Rimer, debutta su Leiter con Mahku, un’opera che si distingue immediatamente per la sua delicatezza e profondità.
Nato dall’incontro tra musica antica, jazz spirituale e un’intensa ricerca personale, l’album, coprodotto insieme a Ganavya e Felix Grimm, si presenta come un viaggio sonoro all’insegna dell’amicizia e della spiritualità.
L’album è stato realizzato con il contributo di artisti di spicco come Jai Uttal, i contrabbassisti Ben Hazleton, pilastro della scena jazz londinese, e Doug Weiss di New York; l’arpista Miriam Adefris, che ha lavorato con Floating Points e Ganavya; il pianista Jay Verma; e, forse quello più prezioso, alla voce e alla chitarra, la figlia adolescente di Manizeh, Mahku Rimer.
Mahku si configura come un rituale di rinascita e memoria, pervaso da temi universali di discendenza, perdita e amore. Un debutto che sancisce una nuova voce nel panorama dello spiritual jazz contemporaneo, capace di coinvolgere e commuovere in modo autentico.
Mahku si apre con una preghiera zoroastriana di oltre tremila anni fa, Ashem Vohu, un canto caldo e avvolgente che viene eseguito in modo ipnotico. La melodia, cantata in avestico da Manizeh, Mahku e Ganavya, si mantiene sorprendentemente immutata nel corso della sua esecuzione. Anzi, la ripetizione dei versi diventa quasi ipnotica, avvolgendo l’ascoltatore in un vortice di suoni che si consolidano in un rituale senza evidente evoluzione. Il contrasto tra i toni del pianoforte e del contrabbasso conferisce alle parole una risonanza profonda e ancestrale, creando un’atmosfera di meditazione che trascende il tempo e lo spazio.
Nell’eterea Narayana, Manizeh porta gioia al cuore con un mantra che si diffonde sulle radiose note del pianoforte, frutto dell’improvvisazione di Jay Verma. Questa composizione si distingue per la sua delicatezza ed introspezione all’insegna di un’atmosfera suggestiva che cattura l’ascoltatore in un viaggio sensoriale e spirituale.
Asato Ma è una preghiera sanscrita in cui si intrecciano delicatamente le voci di Manizeh e Ganavya, creando un vortice sonoro morbido, impreziosito dalle vibranti note degli archi. Questo connubio magistrale riesce a indurre un profondo senso di relax, tanto da far addormentare persino un neonato tra le braccia della madre, regalando un’esperienza sonora capace di lenire e rasserenare i cuori più sensibili.
Un esordio emozionante e profondamente autentico quello di Manizeh Rimer, che si afferma come uno dei lavori più significativi di questo 2025 ormai quasi al termine. Come lei stessa ha dichiarato, “Il canto collega gli esseri umani attraverso lo spazio e il tempo”, un’affermazione che racchiude l’essenza di questa opera. La musica, in tutte le sue forme, diventa così un ponte tra passato e presente, un veicolo di energia e spiritualità che trascende le barriere temporali. In questo senso, Mahku si presenta come un rituale di rinascita e memoria, capace di connettere l’ascoltatore con le radici profonde dell’umanità, offrendo un’esperienza sonora che invita a riscoprire la propria interiorità e il proprio legame con il mondo circostante. Un lavoro che, con delicatezza e profondità, ci ricorda che il canto e la musica sono strumenti potenti di connessione e di pace universale.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.

