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I deliri fiabeschi di Furvent

Nella cassetta della posta, tra i dischi di questo mese, ce n’è uno che si presenta con una copertina cartonata dai contorni quasi fiabeschi che si intitola Furvent (Dur et Doux, 2020). 

Il disco è opera del collettivo francese Le Grand Sbam, un ensemble di musicisti prima e di teatranti poi, reduce dalla pubblicazione del primo lavoro Vaisseau Monde (Dur et Doux, 2019), che con una discreta dose di coraggio mista a spregiudicatezza (o incoscienza) prova a coniugare la lirica con l’avant-prog, richiamando alla musica celtica e al jazz.

Il risultato è Furvent, un concept album ostico in cui i brani, come in ogni concept, sono legati da un comune filo conduttore, che nel caso specifico è il romanzo di fantascienza La Horde du Contrevent dello scrittore francese Alain Damasio cui il disco è ispirato. 

Coerentemente con l’atmosfera del romanzo pubblicato nel 2004 che racconta le avventure dell’Orda (composta da trentaquattro creature non ben identificate) per raggiungere l’Estrema Vetta (il luogo incantato), anche Furvent, prova a catapultare l’ascoltatore in un mondo fantastico attraverso i suoi paesaggi sonori surreali e alquanto bizzarri.

Ad alimentare ancor di più questa proiezione dell’assurdo ci pensano poi i membri del collettivo Le Grand Sbam, in tutto sei, che nelle loro performance dal vivo, sono soliti esprimersi indossando delle gigantesche maschere da Goblin, a metà tra il grottesco e il macabro, in una sorta di esperimento ludico-musicale.

Il disco si apre con La Trace, brano lunghissimo, costruito per lo più con dialoghi scontrosi tra percussioni e piano, sui quali si vanno a inserire i vocalizzi indecifrabili delle cantanti Jessica Martin Maresco e Marie Nachury, che sono una costante dell’intero lavoro.

In Nepesh viene fuori invece la buona manualità del pianista Antoine Arnera,che si lancia in giochetti melodici particolarmente energici.

Dalla traccia successiva, la nevrotica Yi Yin- Tchen (Le Tonnerre), in avanti,  si inaugura la saga delle composizioni Yi Yin, ognuna centrata su di un elemento cosmogonico (il fuoco, la terra, il cielo, la montagna e il lago) ad esaltare la componente spiritistica del lavoro.

L’ultima composizione di Furvent è Choon Choon, con le sue atmosfere da musical francese (simil Notre-Dame de Paris), che lascia intravedere qualche sprazzo di luce con l’incedere elegante di note latin-jazz e un pizzico di malinconia che non guasta.

Complessivamente Furvent è un disco che faccio fatica a comprendere, troppo confuso e a tratti persino disturbante. 

Sebbene le intenzioni così come il progetto iniziale del gruppo siano assolutamente apprezzabili e per alcuni versi originali, la realizzazione delude le aspettative.




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