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Il visionario mondo di Julinko

Pubblicato il 15 aprile 2019 in formato LP per la label italiana Toten Schwan Records e in cassetta per la ceca Stoned to Death Records, Nèktar è il terzo album full-lenght di Julinko, uscito a un anno di distanza dalla pubblicazione dell’Ep Ash Ark.

L’album è frutto della mente di Giulia Parin Zecchin (chitarra e voce), accompagnata ancora una volta negli arrangiamenti da Carlo Veneziano (batteria e synth) e da Francesco Cescato al basso, il primo Lp registrato in trio.

Anche a livello di sonorità il nuovo album segnala un passo in avanti da parte di Julinko, che lascia alle spalle la drone music di Ash Ark per portare alla luce le melodie, lasciandosi andare a un uso della chitarra e della voce più viscerale e aperta all’improvvisazione. Dimenticatevi l’approccio mite e temperato con i quali Giulia Parin Zecchin ha registrato i primi due album, Hidden Omens Sweet Demon, Nèktar è un colpo allo stomaco capace di piegarti in due.

Cinquantuno minuti di musica spalmati in dieci canzoni cariche di dolore che “fanno attraversare l’oceano tenebroso della morte”. Una voce che viene dall’aldilà, una marcia funebre e primordiale per Deadly Romance. Dopo l’intro, la traccia parte lenta con atmosfere drammatiche e melodie decadenti, ha così inizio il processo iniziatico di Julinko.

Ci avvolge di un fluido nero Leonard con un giro di basso granitico, caotica e ruvida la traccia trasforma il dolore in estasi. Tra l’incedere vorticoso e pause, il brano vive di contrasti. In Spirit il rumore s’impadronisce di Julinko, l’ambient drone cupo e viscerale diventa un mantra con i suoni metallici da sfondo.

Lo stesso Nèktar è un gioco di sfumature tra momenti ruvidi e altri dove trovano spazio vere e proprie nenie. È il caso di Servo che spiazza totalmente: Julinko si trasforma in una creatura angelica, chitarra e voce, con una voce sensuale e sottile in grado di incantare.

I sette minuti e mezzo della title track, posta in chiusura dell’Lp, sono il riassunto di un album che gioca col chiaro-scuro: arpeggi taglienti ed una ritmica ossessiva da un lato, dall’altro la voce trascinante e i ritmi lenti a scandire il tempo di questa scesa agli inferi.

Julinko non ha niente più da dimostrare, le sue carte le ha già mostrate dal primo album e con  Nèktar non fa altro che confermarsi come un progetto interessante in grado di poter raccogliere consensi in patria, ma anche fuori dalle mura amiche.




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