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Different Times: l’attesa aumenta il desiderio

Sono passati ben sette anni da quando i Giardini di Mirò da Cavriago, la città di piazza Lenin raccontata dagli Offlaga Disco Pax in Piccola Pietroburgo, hanno pubblicato l’album Good Luck. Da allora, i Nostri non sono rimasti con le mani in mano, anzi, si sono cimentati in suite come Rapsodia Satanica e in diverse ripubblicazioni, ma per tutto questo tempo è mancato un lavoro corposo e completo. La risposta a questa mancanza si chiama Different Times, uscito il 30 novembre per 42 Records, che presenta un’evoluzione del sound e dello stile di quella che è probabilmente la più grande band post rock italiana di sempre.

Rimanendo fermi e ancorati sul loro genere di base, espresso costantemente in una forma ricca e sostanziosa, l’impressione è che vi sia una diversa maturità artistica e compositiva, legata alla canzone in sé e per sé: persistono le atmosfere, mantengono i ritmi, ma assieme a tutto ciò vi è un arricchimento stilistico importante, capace di inglobare la natura del gruppo e di lievitarla verso dei lidi ancora inesplorati. Decisiva, forse, sotto questo punto di vista è la scelta di circondarsi di un buon numero di collaborazioni, com’è evidente dal numero di feat nell’album.

E se da una parte la title track, che apre l’album, è un pezzo che molti si sarebbero aspettati dai Giardini, già dal secondo brano, Don’t Lie, che vede la partecipazione di Adele Nigro, è chiaro che questo Different Times non è stato un mero esercizio di stile da parte del gruppo. Fortissimo il richiamo ad una tradizione shoegaze di memoria Slowdive è Hold On, in feat con Robin Propper-Sheppard, mente dei Sophia ed ex leader dei God Machine, mentre orientato su un coinvolgente spoken word è Failed to Chart con Glenn Johnson. Non delude il trittico finale, aperto da Landfall, ballad sognante ed intensa, che fa da anticipazione alla più lunga e conclusiva Fieldnotes, che vanta la partecipazione di Daniel O’Sullivan e che accompagna l’ascoltatore per dieci minuti abbondanti verso la conclusione di un viaggio malinconico e toccante. Tra i due pezzi c’è Under, che stacca per poco più di tre minuti il mood delle due ballad.

Complessivamente, Different Times è un ritorno più che gradito ed è evidente sin dal primo ascolto che dietro la sua produzione c’è stata una cura non indifferente, unita ad una minuziosa attenzione per i dettagli. Come tutte le cose belle, i Giardini si fanno aspettare e desiderare.




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