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May Our Chambers Be Full: il frutto proibito di due mondi opposti

Da una parte Emma Ruth Rundle, cantautrice statunitense che fa di un alt-rock eclettico il suo marchio di fabbrica, dall’altra i Thou, nome di punta della scena sludge/doom metal.

Incontratisi per la prima volta in occasione di un festival, hanno scoperto di avere tanti interessi comuni, sia musicali, come la passione per l’heavy metal ed il punk DIY, sia tematici, come l’esistenzialismo e l’estetica della danza.

Il prodotto di questo inedito sodalizio è May Our Chambers Be Full, in uscita il 30 ottobre 2020 per Sacred Bones. Nel corso di questi anni i Thou ci hanno abituato a svariate collaborazioni, fra cui quella riuscitissima con i The Body in occasione dell’ottimo You, Whom I Have Always Hated (2015), ma si trattava di artisti musicalmente simili a loro.

L’apporto delle Rundle è qui, invece, stravolgente e si sente tutto nei sette brani dell’album, che portano tutti i musicisti in questione su territori sconosciuti o poco esplorati precedentemente, due su tutti l’atmospheric sludge metal ed il post-metal.

Basta ascoltare l’apripista Killing Floor per rendersi conto della collisione fra due mondi lontani: la voce decisa ma avvolgente della Rundle si lega ad un sound pesante e distorto, di cui i Thou sono da sempre maestri indiscussi.

Ma guai a pensare al gruppo della Louisiana in una versione statica, perché a differenza dei loro lavori normali il doom è messo da parte, i ritmi si fanno lenti e ponderati e, ovviamente, la delicata voce della Rundle addolcisce lo stile Monolith della band.

Ancestral Recall è il classico brano che ci si aspetta dai Thou, fra grida lancinanti e aggressività sludge, mentre il seguente Magickal Cost strizza l’occhio alle costruzioni melodiche del post-metal, prima di esplodere in un’acidità musicale che ricorda i Cult of Luna.

May Our Chambers Be Full è un esperimento fra due stili musicali completamente differenti, ma fortunatamente entrambi riescono tanto a coesistere quanto ad influenzarsi, privandosi di inutili eccessi.

Infatti, nonostante qualche pezzo troppo ridondante, va dato il merito sia ad Emma Ruth Rundle sia ai Thou di essere riusciti a portare il proprio stile nel territorio dell’altro, senza calpestarsi i piedi e senza scendere nella banalità.




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