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The Stilling e il collettivo Drøne, ricerca nevrotica contro le mutazioni del tempo

A riconferma del legame con la label Pomperipossa Records di Anna von Hausswolff, dopo la parentesi Mappa Mundi dell’Ottobre 2017, il collettivo Drøne pubblica un quarto lavoro in studio: The Stilling, dal 10 gennaio in vinile/DL o in versione con bonus track in sole 200 copie a tiratura limitata. Il disco nasce dalle produzioni del duo Mike Harding – Mark Van Hoen (tra i Neon Studios di Los Angeles e i CC Studios di Glendale), in working con Charlie Campagna per il mastering finale. Raccogliendo connessioni strumentali differenti, dalle chitarre di Gabie Strong agli archi di Zachary Paul, Katt Newlon e dello stesso Campagna, dalle sequenze vocali di Claire Belhassine, Celia Eydeland, Bana Haffar, Pepa Ivanova, Nour Mobarak e Brisa Romero al materiale modulare-elettronico del duo citato in precedenza.

The Stilling è lo strano fenomeno del rallentamento dei venti che, ad oggi, non è possibile ricondurre a spiegazione scientifica. Il disco, partendo da questo riferimento, focalizza le architetture sonore in funzione del senso ansiogeno di impotenza e disagio che scaturisce dall’inesorabile scorrere del tempo. Un suono mutevole che nasce come risposta violenta ed istintiva per evadere dal lento decadimento evolutivo. Se, da un lato, riscontriamo musicalità più calde e lussureggianti per la presenza di aperture d’archi, dall’altro, si delineano trame scure e taglienti di densa ricerca elettronica. Un magma di studi materici in cui ribollono le più svariate strumentazioni: dai theremin alla cinetica modulare del KOMA Field Kit; dagli impulsi luminosi ed elettromagnetici dei Drone Jar e LOM Elektrosluch, all’uso sperimentale del cacophonator e del sintetizzatore modulare. Il tutto in una panoramica rumoristica inquieta, arricchita da sovrapposizioni di suoni trovati, campionature ambientali e voci di campo (a sostegno dell’intensità tematica di questo disco).

Da Mumming è ricorrente il gioco di sovrapposizioni vocali e ambientali ad enfatizzare il topos della tensione, attraverso riproduzioni del caos urbano che si miscelano a distese solennità noise-analogiche; contemporaneamente, dietro mixaggio violento, costruito su picchi dinamici e tracce che si tagliano in ingresso e in coda, le contaminazioni più astruse vengono ammorbidite dalle partiture d’archi come in un movimento di sonorizzazione cinematografica. In questa orchestrazione alchemica si fondono organi liturgici e coralità angeliche, su tappeti dall’oscura monotonia (come in The Stilling o in Hyper Sun); il risultato è una riserva strumentale di sonorità rotonde in armonia con quelle più aspre.

The Stilling in sintesi è un disco di anarchia compositiva, una nevrotica trasposizione in suono dell’istinto a reagire contro le mutazioni del tempo.




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