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Ritornano i cattivi maestri della Svezia: i Cult of Luna!

Per chi non li conoscesse, una presentazione è d’obbligo: in attivo dal 1999, dalla Svezia, ormai approdati al loro ottavo album. I loro esordi sono legati a doppio filo al genere doom metal propriamente classico, ad oggi, l’approdo è decisamente più aggressivo e screamato rispetto agli inizi.

L’album A Down to Fear è stato pubblicato il 20 settembre 2019 per l’etichetta americana Blade Metal Records.

Tante volte i Cult of Luna sono stati accostati agli Isis e ai Neurosis ma con l’andare avanti nel tempo, a mio avviso, i COL si sono distanziati e li hanno, probabilmente, doppiati.

Il loro estro crea pezzi dalla sonorità dark-noise, fra echi e riverberi infernali ma anche ascensioni astrali dai lineamenti prettamente più gothic. The silent man ne è certamente la rappresentazione più corretta, fra distorsioni gravi e gravissime e crescendi circolari quasi senza fine.

Di certo il grande ritorno non è stato caratterizzato da un risparmio, le otto tracce proseguono voraci e temporalmente assestate, vi sono anche pezzi che superano 10 minuti cadauni, senza intermezzi specifici condotti magistralmente nelle code, ma in un continua disposizione a raffica.

I cosiddetti true metaller non ameranno certamente la categoria del Post-Metal, che a mio avviso, forse, è fin troppo abusata (così come per il post rock!).

Il post-metal è una forma successiva al metal anni’90, fuori da classicismi, dai ghirigori piombati ma prettamente più cupi e introspettivi. La scena è tutt’al più underground, e le caratteristiche, che gli stessi COL hanno, sono melodiche più rilassanti – sempre che per rilassanti intendiate uno screamo – sofismi, echi ambient e la presenza di tastiere (nei COL in questo album è in una modalità Church Organ da brividi).

Anche in questo album, ritorna una tematica alquanto utilizzata nel panorama: la paura, sia dal punto di vista personale che oggettivo. Siamo appieno del ritorno del cosiddetto Terrore Globale, direbbe Bauman, e le band, soprattutto se del panorama metal, le riportano nelle loro tessiture musicali, cercando di sradicarla con una sorta di rituale esorcistico.

Credo che anche questa volta i Cult Of Luna l’abbiano decisamente azzeccata! L’album non è mai ripetitivo, non ho trovato alcun elemento scontato o rintracciabile in altri lavori precedenti: un’alba in cui si rispecchia un intento veritiero e ben impostato.

We Feel the End  sembra provenire da altri ragionamenti, la melodia è aspirata, la voce è sognante, quasi mi sembra di toccare con le dita l’estremità di un lago ghiacciato, mentre il vento crea pelle d’oca sulla pelle ed il sound tratteggia uno scenario invernale scandinavo.

Direi che la Svezia sia la capitale ideale per la crescita e la maturazione di un genere come il metal, disposto a raggiungere vette di popolarità e di nicchia al contempo, senza però mai snaturarsi.

Non mi resta che prenotare per l’unica data italiana (Alcatraz, Milano).




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