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Le meraviglie dell’avantgarde jazz dei Chromb!

Chromb! è un quartetto d’archi avanguardista, non etichettabile all’interno di un unico genere, che crea e disfa una miriade di suoni e melodie, perfette e aggraziate o, come un vero e proprio ossimoro vivente, aspre e stridenti.

Il quarto lavoro, pubblicato il 27 marzo 2020 per l’etichetta Dur et Doux, prende il nome dall’omonimo libro del tredicesimo secolo di Gervais de Tilbury, Le Livre des Merveilles (Il libro delle meraviglie). Un lavoro a metà tra il medievale ed il futurismo, con suoni creativi e imaginifici: c’è tanto sintetizzatore, percussioni metalliche, ufi alieni di rimando e distonie pervasive.

È avanguardia e, senza lasciarmi condizionare da alcun pregiudizio iniziale, mi sono immersa pienamente nell’ascolto delle quattro tracce.

Il viaggio temporale conduce in storie di miti e leggende, tra echi invasivi e martellii leggiadri. La lingua francese sembra ben condurre attraverso le pagine polverose di De Tilbury, come in una traversata gioiosa in una piazza pronta ad ospitare una giostra di cavalieri.

Eppure, sebbene i Chromb! sembrino i degni rappresentanti di uno stile, per così dire, barocco, credo che tale aggettivo non gli rendi giustizia. Il quartetto è certamente moderno, ma fortemente ispirato da rimandi settecenteschi, dalla quale ricavano rivoli di organo e tematiche da sferruzzare. Il gruppo ha studiato meticolosamente ogni suono, che sia in vibrato o graffiato con una pietra tagliente.

In apparenza sembra che nell’album mai nessuno strumento, tra i tanti, svolge il ruolo di protagonista: sono tutti presenti sul palcoscenico a recitare la medesima nenia, a volte in silenzio, a volte in solitudine, sino all’orchestrale.

Les Chevaliers qui Apparaissent, traccia cuore dell’album, è avanguardia pura in 12 minuti. Il pezzo è, di proposito, cacofonico. Se ne ricava uno sfondo ora sognante (attraverso i tintinnii metallici di un triangolo) ora, propriamente, sinistro (con le cesellature roboanti, come se si stesse avvicinando una cavalleria agguerrita).

Apprezzabile il tentativo di dare un estro magico alla figura di Achille (La souvenance d’Achille – Il ricordo di Achille), in una traccia in cui fuoriesce un animo noir dalle smussature prog-rock.

Una traccia impetuosa ed in perenne elevato, in un canto dai tratti funebri-celebrativi ed un tocco minimalista dei cembali.

La coda, espressiva con disincanto, traghetta ad un finale triste ma non per questo meno eccentrico.

Il lavoro è un’espressione artistica a tutto tondo, dalla quale trarne ispirazione nei giorni più inquieti.




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