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Get Lost with Bruno Bavota

Nato a Napoli, il compositore e polistrumentista Bruno Bavota è diventato nel giro di soli tre anni uno dei più noti e amati musicisti della scena strumentale contemporanea italiana, merito della sua capacità di creare con il pianoforte un effetto ipnotico e sognante. la sua If Only My Heart Were Wide Like the Sea è stata inserita dal regista Paolo Sorrentino nella serie tv The Young Pope. Il brano Passengers è stato utilizzato dalla Apple in una campagna pubblicitaria mentre il 4 ottobre 2019 è uscito per la Temporary Residence il suo ultimo album Get Lost.

Il tuo ultimo album s’intitola Get Lost, letteralmente “perdersi”. Quando è cominciata la tua “perdizione” con la musica e quali sono gli elementi nel tuo nuovo lavoro che reputi abbiano permesso al pubblico di “perdersi” in essa?

Ho iniziato a perdermi nella musica a vent’anni come affamato ascoltatore. In un’età particolare, dove inizi a conoscerti meglio, mi ha aiutato a scavarmi dentro e ad uscirne con più forza e consapevolezza di me stesso. Per Get Lost ho intrapreso una strada di espressione diversa, cercando di introdurre in modo diverso l’ascoltatore nelle melodie che ho creato rispetto al passato. Spero che questo nuovo approccio si riuscito a trasmettere a chi ascolta il senso di perdizione che avevo in mente.

In un periodo molto fervido per la musica neoclassica, quanto è importante coniugare musica classica e contemporanea al fine di creare un melting pot di sonorità che strizzano l’occhio ad un più vasto panorama di ascoltatori?

Io credo fortemente che la cosa più importante, vista l’esplosione del genere, sia cercare di dare un’impronta quanto più personale possibile alla propria musica, esplorando nuove sonorità e approcci diversi. Abbiamo sicuramente assistito al proliferare di nuovi progetti al pianoforte, alcuni nati solo per cavalcare l’onda della musica neo-classica o di mera emulazione.

La scelta dei titoli dei tuoi brani non è certo casuale: ascoltando il tuo album Get Lost si nota una associazione molto marcata tra i titoli dei brani e le melodie al loro interno sviluppate. Si tratta di un modo per guidare l’ascoltatore verso determinate sensazioni/ambientazioni, oppure si tratta di una scelta legata più al processo di creazione dei brani?

Un po’ entrambe le cose che hai detto! Penso al brano (dis)connected che inizia con un suono noise in sottofondo prima che il pianoforte entri nel brano e poi si concluda con un quartetto d’archi, dando il senso di qualcosa di “disconnesso” che alla fine del brano si intreccia e si connette. I titoli sono una preview delle sensazioni che provo ricreare attraverso la musica.

“Un pezzo esotico, che profuma di terre lontane e paesaggi affascinanti, una sintesi in musica del concetto tedesco di fernweh, la nostalgia della lontananza e di posti mai visti”: stiamo parlando di San Junipero. Sei d’accordo con questa nostra analisi?

San Junipero è volutamente inspirato all’omonimo episodio della serie distopica brittanica Black Mirror, probabilmente l’unico episodio con un finale diverso e più delicato. San Junipero è un luogo di realtà simulata in cui le persone morte possono vivere e le persone anziane possono visitare. Non svelo altro per non fare spoiler, nel caso qualcuno voglia vedere l’episodio!

Come funziona il mondo delle sonorizzazioni per le campagne di comunicazione di grandi Brand? Sono situazioni che vengono portate avanti da etichette/agenzie stampa oppure l’artista è protagonista della scelta e adattamento di un suo brano per un determinato spot? Vale lo stesso anche per brani che vengono utilizzati per serie televisive, come ti è capitato con The Young Pope?

Sono situazioni in cui mi sono sempre trovato a mio agio fino ad adesso. Si discute insieme con manager, etichetta e cliente (produzione cinematografica o brand). Solitamente quando l’utilizzo è di un brano già composto dall’artista, non è che ci sia molto da fare, semplicemente richiedono l’utilizzo del brano e si discute principalmente sui termini di utilizzo. Diverso invece quando l’artista lavora su commissione e sulle cosiddette composizioni bespoke (su misura), dove l’artista ha un ruolo attivo e diretto con il cliente.

Se dovessi scegliere di arricchire i tuoi brani con dei testi e una voce, con quale artista straniero o italiano vorresti collaborare e perché pensi si possa sposare bene con le tue strumentali?

Sceglierei probabilmente una voce femminile e su due piedi ti direi Phoebe Bridgers, Aldous Harding e Lana Del Rey.

Da poco hai pubblicato un nuovo brano Leaving. Nasce dalla stessa sessione di Get Lost? In quale direzione pensi si evolverà la tua musica nel futuro prossimo?

É nato dopo la sessione di Get Lost, è un modo per me di non perdere il contatto con il pianoforte solo… lì dove tutto è iniziato. Sto lavorando a due progetti differenti (la quarantena mi sta aiutando!), uno che vedrà luce a breve e l’altro che richiederà più tempo.

In un periodo come quello attuale, quanto è importante riaffermare l’importanza della collaborazione tra persone? Quanto è difficile al giorno d’oggi lasciar trasparire la propria (vera) personalità attraverso ciò che si crea (nel tuo caso, la tua musica)?

Credo che bisognerebbe riscoprire il piacere di ascoltare e soprattutto di ascoltare gli altri. La sincerità è uno dei cardini che cerco di mantenere nella mia personalità e soprattutto nella mia musica, spero di mantenerla sempre perché solo se si è davvero sincero si riesce a dare qualcosa di personale e vero agli altri.

Leggi la recensione dell’album Get Lost QUI



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