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Feeding the Machine: l’ennesima gemma del jazz londinese

La scena jazz di Londra non conosce limiti ed anno dopo anno non si conta il numero di musicisti in grado di oltrepassare i generi musicali per approdare a delle formule ibride, in cui la parola d’ordine è “contaminazione”.

Fra i nomi di spicco di questa scena, sia per qualità sia per la capacità di svincolarsi dalle etichette, c’è sicuramente il duo Binker & Moses (Binker Golding al sassofono e Moses Boyd alla batteria), che ha ricevuto numerosi apprezzamenti dalla critica con l’album Journey to the Mountain of Forever (2017), un fulgido esempio di jazz d’avanguardia.

Dopo un periodo di pausa, dovuto ai rispettivi impegni, i due musicisti pubblicano Feeding the Machine, in uscita il 25 febbraio 2022 per Gearbox. Per l’occasione accorre in aiuto anche Max Luthert ai synth modulari e ai tape loops, un contributo decisamente prezioso per un album in cui è fondamentale la componente minimale ed ambient.

Ad aprire le danze ci pensa una jam priva di compromessi come Asynchronous Intervals, in cui il sax di Binker domina in lungo e in largo, permettendo di tanto in tanto alla batteria di modellare un suono astratto ed eclettico, che sembra quasi contraporre i due strumenti, in completa libertà l’uno dall’altro.

Accelerometer Overdose, una lunga cavalcata dalle tinte noir, apre le porte per la seconda parte del disco, dominata dalle atmosfere rarefatte sapientemente create da Luthert, come dimostra l’importanza del comparto elettronico in Feed Infinite, che esplicita un legame fra due mondi ormai sempre più vicini, un’ulteriore conferma di quanto visto e ascoltato nell’ultimo decennio. In chiusura, Because Because è probabilmente il brano più poetico dell’album, in cui la fusione fra sax, batteria ed elettronica raggiunge il suo picco massimo: ogni elemento si mette in mostra, creando un filo conduttore che si articola in svariate forme per nove minuti abbondanti.

Feeding the Machine è probabilmente il miglior album del duo Binker & Moses, che non dimostrano più solo un’innegabile alchimia ma anche una forte identità musicale. Infatti, pur appartenendo ad una scena musicale già di per sé florida e variegata, i due musicisti sono giunti ad un livello di consapevolezza dei propri mezzi tale da dar vita ad un sound completamente personale e riconoscibile. Ancora presto per dirlo, ma probabilmente Feeding the Machine sarà fra i migliori album jazz dell’anno.




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