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Beth Gibbons incontra Symphony No.3 di Gòrecki: potenza evocativa per l’umano sacro minimalismo

Questa è la storia di quelle cose che nascono, e in virtù di contingenze restano in sordina; dopo tempo poi, vengono apprezzate per il loro reale valore, e alla fine si catapultano in incontri capaci di renderli immortali.

Quando la Symphony n.3 (Symphony Of Sorrowful Song), del compositore polacco Henryk Gòrecki, debuttò nel 1978 non riscosse tutto quel successo che avrebbe poi meritatamente guadagnato a seguito di una ristampa nel 1992. Da quel momento il pubblico internazionale divenne entusiasta dei suoi tre movimenti, facendolo assurgere a portabandiera del “sacro minimalismo”.

Di ciò che può scaturire da un incontro tra i Portishead e un’orchestra, ne avevamo già avuto un piacevole sorpresa nel 1997 nella Roseland Ballrom di New York, con una performance dal vivo e un’orchestra di 33 elementi; da qui ne nascerà Live In Roseland New York, del 1998.

Anche alla Symphony No.3 ci sono stati diversi approcci, dai Lamb con Gorecki e i Goodspeed You!Black Emperor  con Moya, alle colonne sonore e gli annunci pubblicitari di cui si è reso protagonista il secondo movimento.

Ma dall’incontro tra Beth Gibbons e Symphony No.3, nasce qualcosa in grado di incastrarti per 48 minuti.

Nel novembre 2014, la Gibbons e la Polish National Radio Symphony Orchestra si esibiscono al National Opera Grand Theatre di Varsavia guidati dal compositore polacco Krzysztof Penderecki; la Domino Records pubblicherà la performance negli ultimi giorni del marzo 2019, con tanto di film in DVD.

Beth Gibbons sia con nei lavori con i Portishead che come solista, ha sempre colpito per una voce con un’attitudine fortemente emozionale e in grado di disegnare immagini vivide.

Una tale capacità interpretativa e potenza (e no, non parlo di quella vocale, quella di un soprano, naturale accostamento a quest’opera) in grado di superare anche lo scoglio di una lingua che non si conosce. C’è struggimento nella sua voce, una disperazione senza via d’uscita. È la disperazione di due madri, la Vergine Maria del primo movimento I. Lento – Sostenuto tranquillo ma cantabile che siede alla croce del figlio conscia del suo ineluttabile destino; in III. Lento –Cantabile semplice invece, l’angoscia appartiene ad una donna che piange il figlio morto in guerra e non sa neanche dove poter ritrovarne il corpo. Sono corde vocali piene di nuvole e fumo quelle che adombrano il cielo di II. Lento e largo-Tranquillissimo: lo coprono e poi si diradano, seguendo l’andamento di un pezzo che si apre e si chiude, nell’alternanza di luci e ombre; è la resa mista a piccola speranza di una ragazza in un campo di concentramento a cui non resta che pregare.

Un capolavoro di minimalismo così drammaticamente umano, vulnerabile e di una potenza evocativa che ancora oggi è ancora il suono struggente di chi ha perso parte della propria anima.




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