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Le fotografie sonore di Adriano Zanni

Con il titolo Ricordo quasi tutto lo scorso 8 marzo è uscito il nuovo album di Adriano Zanni per la Bronson Recordings; ravennate artista sonoro, fotografo e field recordist inizia la sua carriera con la pubblicazione di composizioni elettroacustiche lavorando con diverse etichette discografiche europee.

Varie sono le sue pubblicazioni fotografiche in cartaceo e digitale, e le collaborazioni con riviste di informazione sul suo territorio, minuziosamente esplorato tramite la fotografia; si può dire che Zanni “suoni il paesaggio” fino a farne, specie in questo album, una memoria sonora, manipolata in completa autonomia suonando registrazioni da campo, strumenti digitali ed analogici.

I ricordi emersi durante il periodo di ospedalizzazione dovuti a problemi di salute rielaborati tramite un piccolo synth OP1 e delle cuffie, hanno dato luogo alle sette tracce dell’album dove si evidenziano le sue preferenze per i contenuti della terra, della famiglia, per le immagini del corteggiamento, del matrimonio fino al suo epilogo, un vagabondaggio fatto anche di dannazione, in bilico tra il senso di casa e di salvezza misto alla morte, che si spinge ad emozioni forti come l’orgoglio, l’umorismo, la pietà senza tralasciare la ribellione ed il patriottismo conditi di tragedia; titoli che descrivono i passi ritmati in direzione del mare, elementi naturali accordati sulla tonica, un’attesa ed un intreccio di mescolanze che vanno a completarsi, l’idea d’un senso di unità raggiungibile, il tutt’uno sembra possibile in Conchiglie, cani, gabbiani, mare e nebbia.

Tracce che indicano il cadere fitto di pioggia e synth che planano entrambi, vicini, col peso ed il suono invaso ed allagato al quasi mistico, al soffio d’ansia fino alla dimensione universale, cosmica, del fuoco inteso come scintilla del nuovo, quindi anche sconosciuto. Poi le Onde sinusoidali, esplosioni e inutili ricordi, di fuochi d’artificio certo conosciuti, a respirare su voci strumentali lontane e sospese per qualche battuta. Sulle scie di auto struggente e piegato un tema si erge, e via via si nobilita di battuta in battuta, ma le prove di fiati ci riportano a terra, fra gli anni ’80, col taglio rock smontato di tutta la sua boria, come un bellissimo giocattolo rotto e irreparabile, immobile, un appiglio forse.




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