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Visioni oniriche e pornosoft con i Lei, (No) innocence

I Lei, (No) innocence sono un duo bolognese di matrice dark ambient formato da Gabriele Chinè Milieri e Giuseppe Cassano. Innocence, pubblicato il 7 dicembre 2018, è il primo lavoro dei due musicisti. Un concept sulla purezza e la solitudine concepito come un’opera unica divisa in 10 movimenti. Dopo l’uscita del disco abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la band.

Come nasce il sodalizio che porta alla nascita del progetto Lei, (No) Innocence?

Ciao… ma davvero vi interessa? Il progetto nasce con la pubblicazione del disco. Tutto il resto non conta e non interessa prima di tutto a noi stessi. Siamo in 2+1. “Lei” (pronome o nome di persona?) è più che un’entità astratta, un’idea. Si tratta di una presenza ingombrante che guida buona parte delle nostre scelte.

Il progetto ha rispettato i presupposti iniziali o si è evoluto imprevedibilmente lungo la lavorazione?

I concetti che volevamo esprimere e l’urgenza che abbiamo provato restano intatti. Chiaramente il tutto si è evoluto naturalmente. D’altronde non c’eravamo imposti dei limiti a livello di suono. Credo un’idea si possa dire compiuta nel momento in cui il risultato finale è esattamente come te l’immaginavi, senza che prima fossi minimamente in grado di figurartelo, tantomeno spiegartelo. È una sensazione, si può riassumere così. Una volta finito ti rendi conto che è quella stessa sensazione che presentivi. Solamente adesso sei in grado di darle un volto, un suono.

Alla sola voce femminile avete affidato spazi interpretativi, perché?

La voce è maschile, seppur filtrata per la maggior parte dei casi. Credo abbia diverse funzioni, anche se spesso abbiamo evidenziato le componenti più fragili e vulnerabili dello spettro. I testi sarebbero utili a dispiegare tutto un apparato interpretativo che c’è ed è importante. Il caso vuole che siano appena intellegibili, spesso non del tutto.

Come è avvenuta la scelta dei soggetti negli artwoks?

Gli scatti originali sono di Lewis Hine, molti dei quali sono stati modificati per assecondare i toni cromatici dei vari movimenti. In altri casi si tratta di dettagli, il che rende molto difficile risalire agli scatti originali. Per chi volesse approfondire si fa riferimento a questa collezione: Library of Congress, Prints & Photographs Division, National Child Labor Committee Collection. Maggiori info sul sito della Library of Congress.

Un anno di lavoro per arrivare al progetto finito, che esperienza è stata, da ripetere?

Ci sono stati momenti difficili, ma diciamo che non ci siamo fatti mancare le attività ricreative. Anche le strategie oblique di Eno, introdotte ad un certo punto della lavorazione. La carta più ambita: “Va a farti una birra/esci/stacca” o qualcosa del genere.

Una frase di Picasso riporta che “Ogni atto di creazione è, prima di tutto, un atto di distruzione” è quello che intendete quando definite la decostruzione?

Decostruire si è reso necessario. Ma in questo caso si trattava più di un gioco perverso. Abbiamo mandato in frantumi diverse cose, non solo dal punto di vista musicale. Finire il disco ci ha aiutato a riemergere, perché l’immedesimazione era totale.

La sensualità esplicita contenuta nell’album come forma di comunicazione verso l’altro/a senza fraintendimenti, una parentesi aperta anche sul prossimo lavoro?

Non sappiamo ancora cosa verrà, come potremmo… In questo caso avevamo bisogno di mettere un punto, ma sapevamo fin dal principio avremmo fatto un disco. Ci sono nuovi pezzi in lavorazione. Alcuni enfatizzano una certa componente ipnotica. Se poi usciranno ed in che forma, singoli, disco, sonorizzazioni… è difficile prevederlo. La sensualità esplicita anche grazie alle visuals e ai video estratti, è molto più probabile ci spalanchi le porte del mondo del porno.

Leggi la recensione dell’album Innocence QUI.



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